Caritas
In occasione dei recenti cambiamenti avvenuti all’interno dell’Associazione Abramo abbiamo fatto alcune domande alla dottoressa Silvia Canuti, confermata alla direzione dell’Associazione.
L’associazione Abramo è divenuta un Ente della Diocesi di Mantova. Cosa significa questo? Cosa cambia nei riguardi delle persone servite?
L’Associazione Abramo si è espansa molto e in modo capillare, lavorando in rete con Servizi Sociali, CPS, Ser.T, Uonpia su tutto il territorio della provincia e della diocesi per accogliere persone, minori e famiglie in stato di fragilità. Diventa ora un Ente della Diocesi di Mantova, deputato proprio alle accoglienze residenziali, per meglio esprimere la volontà della Diocesi di proseguire il lavoro di accoglienza, cura, accompagnamento dei bisognosi che trovano nei servizi di Abramo una possibilità 'finestra', per un lasso di tempo, accompagnati da operatori qualificati che guidano le scelte per riportare le persone in autonomia o, quanto meno, lontano dalla strada e dal nulla che spesso diventa molto pesante da gestire. Si tratta di un grande impegno della Diocesi a sostenere le attività in nome della carità della Chiesa che è in Mantova.
La pandemia ha messo maggiormente in luce situazioni di fragilità e disagio nelle persone, dando vita anche a nuove povertà di fronte alle quali non possiamo far finta di niente. Quali le ricadute per l’associazione Abramo?
La pandemia ha impoverito i poveri. Questo ha reso i servizi di accoglienza ancora più bisognosi di strumenti di formazione per meglio comunicare, contenere le ansie e le paure, in modo assertivo. Il Covid ci ha imposto tempi differenti, la capacità di riuscire a rendere la normale relazione con gli ospiti dentro a comunicazioni telefoniche apparentemente fredde, ma ben mediate dalla costanza, dall’abilità alla modifica del tono della voce, dal non avere fretta, dal sapere di non poter dire frasi sminuenti il grave momento, accogliendo con nuove modalità.
Siamo stati provati anche sul fronte delle richieste alimentari, che hanno visto una improvvisa impennata con un impegno economico molto significativo, ma non possiamo non guardare ai bisogni del nostro territorio, ed è per questo che sono nati due nuovi servizi: un servizio di housing nel basso mantovano e una Comunità minori accreditata a San Martino Gusnago.
Quali gli obiettivi e medio e lungo termine di Abramo?
Gli obiettivi che abbiamo davanti sono quelli di riuscire, nei percorsi di accoglienza, a riportare il maggior numero possibile di situazioni verso una nuova autonomia, che dobbiamo considerare possa anche avere linee nuove e diverse da ciò che è stato. Si tratta di fare un pezzetto di strada insieme, senza giudicare, senza alzare la voce, senza crearsi aspettative, bensì motivando, facendo crescere la voglia di 'rinascere'.
Fra gli obiettivi c’è sicuramente la continua e approfondita collaborazione con i Servizi Sociali sul territorio e con tutti gli Enti che si occupano di disagio e di fragilità, ma anche l’apertura al territorio dei nostri servizi, perché il disagio non è vergogna, non è colpa, e una comunità accogliente e aperta, non giudicante, è una comunità sana, che cresce i propri figli con l’ideale del Vangelo di Matteo: “avevo fame, sete, ero straniero, nudo, in carcere, malato… E mi avete dato da mangiare, da bere, mi avete accolto, vestito, mi avete visitato…”, come se fosse normale fare esattamente ciò che oggi è un po’ lasciato a noi, ma che in realtà deve essere di ciascun cristiano: essere facchini della carità, come ricordava don Oreste Benzi, fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII.