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Rifugiati

Corridoi umanitari mantovani

Un modello di accoglienza pensato per l'integrazione delle persone

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Come evitare le morti in mare di migliaia di persone, tra cui molti bambini? È possibile dare una risposta a questo interrogativo drammatico? Se si guardano le nazionalità delle persone i cui corpi vengono recuperati nel Mediterraneo, risulta una verità asciutta e terribile: molti di loro erano profughi, meritevoli di protezione internazionale. Da queste domande e considerazioni è nato nel 2016 il progetto dei "Corridoi umanitar".  Realizzato grazie alla Comunità di Sant’Egidio insieme alla Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, la Tavola Valdese, la Conferenza Episcopale Italiana e Caritas, è un progetto completamente autofinanziato a favore di un'immigrazione verificata, sicura, fuori dall'illegalità e dalle maglie dei trafficanti di uomini. Il merito straordinario di questa iniziativa è quello di avere aperto un varco nelle politiche migratorie della Ue, ricordandole che la sua natura è di essere una «democrazia inclusiva» e «umanitaria». Questo stesso modello di accoglienza è attivo anche nel mantovano da più di tre annie coinvolge anche alcune parrocchie della Diocesi: Pegognaga, Gonzaga, Mantova e Porto Mantovano.troviamo accolte diverse famiglie siriane cattoliche e musulmane. L'ultima arrivata dal Libano a fine gennaio 2020 è quella di Tamam e Ramia con i loro tre figli, ora diventati quattro. L'esito di uno studio sulla loro situazione, li aveva dichiarati “idonei” a venire in Italia come altri nuclei che necessitano con più urgenza di aiuto

(problemi di salute, famiglie numerose e con bambini…).

Ma i corridoi "umani" (meglio sarebbe definirli così) sono pensati come un «dopo approdo» in quanto prevedono l'accoglienza e l'integrazione delle persone anche dopo il loro arrivo.  Per la famiglia di Tamam e Ramia l'essere sbarcati dall'aereo non rappresentava la fine di un percorso quanto piuttosto l'inizio di un altro lungo viaggio sociale per superare i traumi legati alla guerra e alla lunga permanenza come profughi in Libano. Ad accoglierli c'era e c'è tutt'ora un gruppo di famiglie di Porto Mantovano che hanno deciso di prendersi cura di loro dopo aver conosciuto esperienze analoghe. Nei mesi precedenti il loro arrivo si era costituito informalmente il gruppo, era stata individuata una casa poi presa in affitto dalla Caritas diocesana che sostiene parte delle spese. In seguito si erano definiti e assegnati i compiti tra i volontari secondo le professionalità, per seguire i diversi aspetti dell'accoglienza: la scuola dei ragazzi, l'apprendimento della lingua italiana, gli aspetti sanitari, la parte burocratica .... Si era anche iniziato a raccogliere i soldi che dovevano essere sufficienti a coprire le spese di un anno e mezzo per vitto, vestiario, utenze della casa, documenti per la domanda di asilo.... e così via. L'autofinanziamento ha coinvolto un ampio numero di persone disponibili a sostenere l'iniziativa, in parte legate alla parrocchia, ma non esclusivamente. Gli oneri materiali in realtà sono risultati meno impegnativi rispetto a quelli relazionali e alla costruzione di un rapporto di fiducia con i suoi alti e bassi. Come dicono a Sant'Egidio, i Corridoi umanitari ci aiutano a rimanere umani! L'indicazione generale è di aiutare la famiglia a diventare autonoma nel giro di un anno e mezzo, con la consapevolezza che molto dipende dal trovare un lavoro. È un percorso lungo, in cui la famiglia non viene mai lasciata sola nell’affrontare i dilemmi e le complessità rappresentate da un posto nuovo, con regole e abitudini nuove. Per questi motivi I'esperienza dei "Corridoi umanitari" promuove e richiede sempre una rete di persone che accompagna i rifugiati passo dopo passo. Si tratta di un'esperienza di "accoglienza corale", che produce anche la conoscenza, la relazione e il confronto tra i volontari stessi. Inoltre fornisce l'occasione per comprendere cosa accade nel mondo, per fare emergere le molte contraddizioni delle politiche migratorie. Dopo undici mesi contrassegnati dalle limitazioni imposte dal Covid-19 che hanno ostacolato le relazioni dirette, ma anche l'apprendimento della lingua, un primo bilancio è certamente positivo, senza nascondere le criticità. Ora l'obiettivo più urgente è quello di trovare un lavoro per Tamam, padre di famiglia con quattro figli. La ricerca è aperta intorno a Mantova.

Diocesi di Mantova
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