“Conoscenza, coraggio, umiltà” sono le parole chiave scelte dal presidente del Consiglio Mario Draghi nel suo ultimo intervento da presidente della BCE, in occasione del conferimento della Laurea honoris causa in Economia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Sono le parole chiave che ha scelto per descrivere le caratteristiche più frequenti di quelle “decisioni che consideriamo buone”. Al di là delle simpatie o delle preferenze che possiamo nutrire, oppure no, nei confronti del neo Premier, ho trovato estremamente sapienti e precise le parole da lui scelte. Le ho trovate guide efficaci, da applicare non solo alle decisioni che nella vita siamo chiamati a prendere, ma anche, e forse ancor prima, a noi stessi. Le ho trovate parole buone che hanno richiamato in me altre quattro parole buone.
Che tuttavia non svelerò subito, e che credo aggiungano un sapore raro e prezioso.
Sono parole, quelle di Draghi, che possono trovare applicazione in ogni campo della nostra vita. Possono esserci di aiuto nel lavoro che svolgiamo. Possono definire noi e le scelte che decidiamo di indossare. Possono descrivere il nostro impegno (piccolo o grande che sia) nella cosa comune. Possono guidarci nello scegliere i politici da cui vogliamo essere rappresentati. Che si parli del nostro lavoro, delle nostre relazioni, di noi stessi nelle nostre scelte o dei politici che governano, in qualche modo stiamo parlando del fare politica.
E stiamo parlando del fare politica perchè ci riferiamo, in ognuna di queste cose, a beni comuni attraverso o per i quali entriamo in relazione gli uni con gli altri.
Tra i titoli del noto sociologo polacco Zygmunt Bauman svettano: “Modernità liquida”, “Amore liquido”, “Vita liquida”, “Paura liquida”, “Futuro liquido” e “Nati liquidi”. Appare pressochè evidente la predilezione dello stato fisico “liquido” da parte del sociologo per descrivere gran parte (se non ogni) aspetto della vita umana contemporanea. E se a questo punto la ricorrente scelta del sociologo polacco potrebbe suscitare un ironico sorriso, ahimè questo lascia inevitabilmente subito il posto a un sapore amaro che descrive una realtà attuale non solida, ma per l’appunto liquida (o forse anche gassosa), piena di incertezze, e dove ogni verità si spaccia per tale in un caotico e continuamente instabile relativismo.
Ebbene, se davvero viviamo una società allo stato liquido, quale può essere il ruolo della politica? E quale può essere, all’interno del fare politica, il taglio cristiano? Ma prima ancora: ha senso parlarne?
E’ chiamata pertanto a tracciare continuamente reti tra le parti che compongono la società. E’ chiamata, come massaia di casa, a tenere fra le mani le parti, facendo in modo che attraverso la reciproca collaborazione portino frutto.
La religione è chiamata a dare senso. Cioè è chiamata a consigliare e a definire il senso, l’obiettivo, la direzione, l’essenza… la direzione per l’essenza.
In qualche modo se la politica è chiamata ad organizzare e a fare, la religione è chiamata a orientare, dando senso.
Penso che se fra le mani ci ritroviamo qualcosa di fluido, sia più difficile sia saperlo sapientemente tenere che sapientemente canalizzarlo. Eppure Politica e Religione sono chiamate ad essere quelle mani e quegli argini capaci di fare proprio questo.
Ma sono convinta che gran parte di questa difficoltà “fisica” data dal problema di gestire qualcosa di fluido possa essere superata proprio grazie alla religione. O forse, ancora di più, grazie alla fede. Una delle immagini che più ho nel cuore, e che per prima mi giunge alla mente quando si parla di cattolici in politica, è quella di una vecchia fotografia che ritrae Aldo Moro in ginocchio. In preghiera.
Le mie prime due parole aggiuntive rispetto a quelle di Draghi sono “gentilezza e carità”.
In quell’atteggiamento di preghiera, al quale si inginocchia un politico del calibro di Moro, intravedo gentilezza nobile e ricerca di un (del) senso, che, per un cristiano, altro non può essere se non la carità.
Qualche tempo fa ho scoperto la Lettera a Diogneto, un testo del II secolo di autore anonimo greco, che scrive così a proposito del ruolo dei cristiani nel mondo: “Risiedono poi in città sia greche che barbare, così come capita […] Vivono nella carne, ma non secondo la carne. Vivono sulla terra ma hanno la cittadinanza nel Cielo. Osservano le leggi stabilite, ma con il loro modo di vivere, sono al di sopra delle leggi. Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati.” Parole che fanno eco alle beatitudini evangeliche o al “sale della terra” (Mt 5, 13) e “luce del mondo” (Mt 5,14), o, ancora, ad alcune delle Lettere paoline e petrine.
Parole che, lontane nel tempo, attraversano la storia e giungono fino a noi. Che oggi più che mai abbiamo il dovere di far risuonare nei nostri cuori e il coraggio di metterle in pratica, impastando, con le nostre mani e con l’ascolto di Dio, le situazioni che viviamo.