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Magistero del vescovo

​Eterna è la Sua misericordia!

​Omelia del vescovo Marco nelle esequie di mons. Giancarlo Signorini

Redazione
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Nel suo testamento spirituale (aggiornato al 29 ottobre 2010) don Giancarlo scrive:

Non posso sapere quale sarà la mia situazione al momento della mia morte. Dove sarò? Come morirò? Comunque sia, chiedo che attorno alla mia persona ci sia grande silenzio! Chiedo preghiere di ringraziamento al Signore e di richiesta della sua misericordia nei miei confronti!

Adempiamo alle richieste di questo caro confratello che torna al Padre carico di anni. Chiede silenzio attorno alla sua persona, mentre sposta l’attenzione sulla preghiera di lode e di supplica per propiziare il dono della misericordia.
Il suo testamento spirituale ruota attorno all’esperienza fondamentale della misericordia. In quattro paginette il termine ricorre ben sette volte.
Chiede, anzitutto, che la misericordia del Signore verso di lui venga “celebrata”.
Lo affermo con semplicità e gioia insieme: la mia vita può essere considerata un inno alla misericordia infinita del Signore. E nell’ultima riga del testamento, don Giancarlo esclama: Tutto è dono della misericordia di Dio!


Nella liturgia della Parola, abbiamo cantato con lui e per lui un inno alla misericordia divina, il salmo 135, ripetendo con insistenza: “Eterna è la sua misericordia”. Questo salmo è un invito alla lode e al riconosci-mento della signoria di Dio. Essa si rivela nella meraviglia della creazione, nella liberazione dall’Egitto e nel dono della terra. Nell’ultima strofa, la comunità confessa che l’azione misericordiosa di Dio è sempre attuale: è stata sperimentata nella fine dell’esilio e si coglie nel dono costante del cibo per ogni vivente. Questo è un salmo aperto. Ciascun credente può continuare la lunga narrazione dei mirabilia Dei con riferimenti alla sua esperienza diretta. Il cristiano e sacerdote don Giancarlo aggiunge alcuni motivi personali alla liturgia di lode:
Esprimo un profondo sentimento di gratitudine al Signore per il grande dono della vita, della fede, dei sacramenti e per avermi chiamato e fatto prete… Ringrazio tutti coloro che mi hanno fatto del bene, aiutandomi soprattutto con la preghiera, la comprensione, il consiglio, l’amicizia.

Don Giancarlo chiede non solo di celebrare con lui la misericordia divina, ma anche di “invocarla” in suo favore:
Raccomando agli amici di pregare per me… Chiedo perdono a quanti, volontariamente o no, sono stato motivo di disagio o di sofferenza. Da parte mia perdono di cuore a tutti. Posso dire che il mio desiderio di voler bene e di fare del bene è sempre stato grande, anche se sovente sono stato vittima del mio egoismo.
Abbiamo ascoltato una delle pagine più alte della misericordia nel Vangelo di Luca. Gesù promette a quanti rispondono all’odio con l’amore la ricompensa che spetta ai figli: “Sarete figli dell’Altissimo” (v. 35). Sulle labbra di Gesù, questi nomi che l’Antico Testamento riservava a Dio, si precisano nella direzione del Padre. Anche l’imperativo veterotestamentario della santità: “Siate santi, perché santo sono io, il Signore Dio vostro” (Lv 19,2) viene riformulato e precisato in direzione della misericordia: “Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso”. La santità di Dio ha la sua piena manifestazione nella misericordia. E i misericordiosi ne sono un’irradiazione. Esprimendo misericordia, il discepolo del Regno contribuisce a manifestare il vero volto del Dio di Gesù. Dopo aver pronunciato quattro beatitudini e quattro guai, Gesù usa quattro imperativi per declinare l’amore al nemico. I quattro comandi da osservare verso il nemico (amate, fate del bene, benedite, pregate) richiamano e si contrappongono alle quattro manifestazioni di odio di cui parla la quarta beatitudine (vi odieranno, vi escluderanno, vi insulteranno e respingeranno) che manifestano l’inimicizia verso i cristiani. La misericordia non è pura passività. Gesù, quando chiede di opporre all’ostilità altrui il suo contrario, spezza il principio della restituzione del colpo. Porgere l’altra guancia ha qualcosa di provocatorio: è un gesto profetico che ha valore di denuncia, rifiuta di imitare la violenza degli uomini e preferisce imitare la misericordia del Padre.

Nell’inno alla misericordia divina, tra le righe del testamento spirituale di don Giancarlo, si trova un accenno al sacerdote come “strumento della misericordia del Signore” che “aiuta i fratelli a superare le difficoltà”.
Basta essere nati per entrare in una condizione di esistenza umana che confina costantemente con le difficoltà. E seguire il Signore non le toglie, anzi il Vangelo ascoltato sembra dirci che la sequela espone a maggiori difficoltà. E, di conseguenza, il ministero del sacerdote non assomiglia alla scorciatoia, ma alla gradi-nata impervia per salire al tempio del Signore. Don Giancarlo non fa mistero delle tribolazioni che hanno accompagnato la sua esperienza sacerdotale:
La mia vita sacerdotale non è stata facile. Contrassegnata da molti conflitti interiori e da frequenti tensioni, ha conosciuto momenti di difficoltà. Ciò nonostante ho sempre confidato nella misericordia di Dio. Per questo non mi sono mai scoraggiato; non mi sono mai pentito di essere prete; ho sempre creduto all’amore di Dio per me, anche se non me ne sentivo degno.

Don Giancarlo non si è mai pentito di essere prete. Faceva bene le sue cose. Lo svolgimento diligente dei compiti sacerdotali è stata l’occupazione e la preoccupazione fondamentale dei suoi giorni. Negli ultimi anni mi ripeteva più volte se poteva sentirsi dispensato dall’obbligo di recitare per intero la Liturgia delle Ore. Talvolta vi erano delle omissioni per stanchezza, per difetto di concentrazione o di vista. Voleva essere rassicurato rispetto a un compito che desiderava onorare al meglio, non per scrupolo ossessivo, ma per adempiere al ministero secondo le sue possibilità.

L’ultima aggiunta al testamento è del 25 luglio 2020. Riguarda il suo modo di essere e fare il prete che an-dava riducendosi all’essenziale. Ho cessato l’impegno di cappellano in San Clemente. Rimangono i due atti fondamentali che qualificano il sacerdote: celebrazione della S. Messa e ministero della confessione.

Il suo impegno pastorale è stato quasi interamente dedicato alla formazione sia dei seminaristi, come vice-rettore e insegnante, sia dei laici. Qualche anno fa, eravamo d’estate, mi disse che aveva dedicato del tempo a rileggere gli appunti delle meditazioni che, in anno ormai molto lontani, aveva proposto durante i campi scuola dell’Azione Cattolica ai giovani, frutto di una preparazione meticolosa, rigorosamente scritte nei suoi quaderni. Mi disse che, rileggendole a distanza, era rimasto colpito dalla profondità dei contenuti. Gli chiesi si poterne leggere alcune. Effettivamente erano delle “piccole lezioni di teologia”. Ripercorrevano i fondamenti della vita cristiana (la fede, i sacramenti, la morale) con un’accuratezza intellettuale e un afflato spirituale che oggi ci paiono improponibili. Eppure proprio da questi percorsi formativi, che miravano a costruire il cristiano a partire dall’interiorità, sono usciti dei laici testimoni della fede che hanno portato il lievito del Vangelo nei diversi contesti della vita ordinaria. Don Giancarlo tornava spesso sul primato della preghiera come relazione personale con il Signore. Scoprire di essere destinatari della sua misericordia è anzitutto un risveglio interiore. Questo è il primo passo di una vita più consapevole, più autentica e pro-fonda, che conduce a impostare in modo nuovo la vita esteriore, gli impegni e i compiti.
Don Giancarlo è un prete di lunga esperienza e fa parte della generazione sacerdotale che ha vissuto più cambiamenti d’impostazione pastorale. Oggi, dopo decenni di sperimentazioni, possiamo con spirito libero da posizioni ideologiche, rileggere gli esiti dei percorsi pastorali delle nostre chiese. Tra luci e ombre, penso che possiamo raccogliere il monito a ridare alla formazione alla fede il primato della nostra azione pastorale e sacerdotale.

L’inno alla misericordia di Dio interpreta anche la tappa finale della morte di don Giancarlo. Avendo avuto in sorte una lunga vita, ha vissuto una fase prolungata della sua anzianità in compagnia del pensiero della morte. Anche rispetto alla morte, si nota l’animo attento di un credente che non si lascia sorprendere dall’evento ma si prepara a morire e trasforma la passività della morte nell’apice della sua confessione di fede.
Spero che questa fiducia nella sua misericordia mi sostenga anche negli ultimi momenti della mia vita. Metto nel Cuore adorabile di Gesù tutte le mie debolezze e fragilità… Con serenità e fiducia nel Signore, accetto qualsiasi genere di morte in riparazione dei miei innumerevoli peccati. Offro al Signore per me e per le persone che mi sono care, specialmente per coloro a cui sono stato d’inciampo o di cattivo esempio, tutte le sofferenze che eventualmente accompagneranno l’ultimo periodo della mia vita. In manus tuas Domine, commendo spiritum meum!

Ora è la sua famiglia ecclesiale, e presbiterale in particolare, ad affidare don Giancarlo alle braccia del Padre, ricco di misericordia. Chiediamo possa varcare la porta del Tempio eterno. Verso questa meta era avviato sin dal suo battesimo, piccola risurrezione in attesa di quella grande. Per i cristiani la morte più radi-cale è alle spalle, nelle acque del battesimo, quando noi, che eravamo morti per le nostre colpe e i nostri peccati, abbiamo potuto rivivere con Cristo. Il battesimo è già l’inizio della vita eterna; come scrive san Paolo: “in Cristo Gesù, il Padre, ci ha risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli”.
Don Giancarlo possa salire all’altare del Signore, il nostro sommo sacerdote misericordioso e degno di fede, presentandogli il calice della salvezza. Il Signore accolga il suo calice e porti al colmo ciò che manca. Era la sua ultima supplica accorata:
Prego tanto il Signore affinché, con la sua grazia, compia quel bene che io non ho potuto o saputo o voluto fare, specialmente nei confronti di quelle persone che ho incontrato nel mio ministero sacerdotale.

Il Signore Risorto rinnovi la giovinezza eterna del suo consacrato. Il Risorto rinnovi anche la nostra giovinezza spirituale. La sua misericordia ci doni di portare la croce nostra e dei nostri compagni di strada nell’umile e talvolta difficile ascesa all’altare celeste, trasfigurando nel canto ogni pesantezza. Essere tristi nei nostri cammini è un segno che il Signore ci manca. Uomini e chiese senza gioia sono uomini e chiese senza il Risorto. Se Cristo non fosse risorto avremmo creduto invano. Don Giancarlo ha creduto e sperato, fino alla fine. Il testamento termina con un suo saluto che ci viene dall’altra sponda:
Dal cielo, dove spero di entrare per divina misericordia, una benedizione per tutti!


Duomo di Mantova, 17/07/2023

Lezionario: Ef 2,1-10; Sal 135; Lc 6,27-36

Diocesi di Mantova
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