Il cantiere della sostenibilità
L’inebriante e opulenta dieta mediatica che porta ogni giorno a fagocitare qualsivoglia informazione, senza riuscire a digerirne il contenuto, spesso crea indigestione e genera, a cascata, confusione di parole, valori e azioni. Il discorso del vescovo alla città pone le basi per fare ordine e chiarezza in campo economico, sociale e ambientale, dimensioni che sono, ora più che mai, connesse tra loro.
Il consumismo ha portato a confondere il prezzo con il valore. Il primo si riferisce a ciò che si paga, il secondo a ciò che si ottiene, e queste due grandezze possono differire di molto. Nel trambusto si sono emarginate le categorie sociali non in grado di esaltare il prezzo perché non produttive, dimenticandosi del loro valore.
Una società non in grado di riscoprire la ricchezza della diversità, della piccolezza e della fragilità come luogo privilegiato della manifestazione dello Spirito, perde equità e libertà, due componenti indispensabili per garantirne lo sviluppo.
Abbracciare tale pensiero significa trasformare l’economia come disciplina “volta alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo”.
In ambito giovanile si evince l’incapacità di concretizzare i sogni trovando convergenza tra vocazione e lavoro, anche a causa di una impostazione scolastica di tipo taylorista che presenta due aspetti critici: la tendenza a sostituire la competizione collaborativa in competizione posizionale, e l’appiattimento delle conoscenze in modo standardizzato, inseguendo solo la performance, mentre è importante integrare la logica della specialità con la corresponsabilità.
Il concetto di meritocrazia, introdotto dal filosofo inglese Michael Young, è via via mutato, ed oggi emerge il paradosso per cui in democrazia molti inneggiano alla meritocrazia (potere dei migliori). Il merito è la risultante di due componenti: sforzo e talento, di cui il primo dipende da variabili di contesto ed elementi personali mentre il secondo dalla casualità naturale. Dunque appare evidente che non possa essere preso come principale criterio di distribuzione di risorse e potere. Diverso invece è il concetto di meritorietà, cioè il principio premiale. Infatti, è giusto che chi merita di più ottenga di più, ma non tanto da porlo in grado di organizzare le regole della collettività al fine di garantirsi posizioni di vantaggio duraturo a danno di altri.
“Sono forse io custode di mio fratello?” afferma Caino in Genesi (4,9). Ebbene sì, siamo gli uni custodi degli altri.
Occorre far lievitare la cultura dell’incontro tra pubblico, privato e domestico, perché in famiglia si formano persone, in società si formano cittadini e in azienda si formano lavoratori, tutte facce del poliedro della nostra umanità.
Urge convergenza tra queste tre dimensioni per affrontare la sfida ambientale con cura e lungimiranza politica, imprenditoriale e genitoriale.
Dalla filosofia greca di Protagora che recitava “uomo misura di tutte le cose” fino al futurismo con l’esaltazione della potenza dell’uomo, abbiamo sviluppato la consapevolezza di essere creatori. Non possiamo dimenticare però che prima di tutto siamo creature.
Il vescovo ci invita a riscoprire una creatività materna e generativa che si fa cura e dono. Come cristiani non siamo chiamati a riprendere ma a sorprendere, per questo è necessario riconoscerci pellegrini del creato e muratori pensanti dei cantieri della sostenibilità.