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Ambiente e società

La crisi idrica non è solo figlia del clima impazzito


In questi giorni si fa tanto parlare di crisi idrica, causata - si dice - dai cambiamenti climatici: ci si accorge dell’importanza dell’acqua solo quando scarseggia, altrimenti spesso se ne fa un uso sconsiderato.


È bene ricordare che una crisi come questa l’abbiamo passata abbastanza di recente, dal 2003 al 2007 dove, accanto a promesse di consumi limitati, si sono portate avanti parecchie proposte risolutive, ma quando dal 2008 ha ricominciato a piovere, il problema che si era presentato era l’inverso: in quegli anni il governo nominò addirittura un commissario per la gestione della crisi in alta Italia, e la commissione ambiente del Senato avviò una ricerca. 

Oggi a che punto siamo? Nulla si è mosso, né sotto l’aspetto infrastrutturale e nemmeno sotto quello della riduzione dei consumi.

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Il Mantovano si fornisce di acqua per l’irrigazione dal lago di Garda, in piccole parti dal lago d’Idro e dal fiume Oglio; l’Oltrepò mantovano si rifornisce dal fiume Po sollevando l’acqua a Boretto, per l’uso potabile privati e acquedotti si riforniscono dalle falde acquifere molto abbondanti in pianura.

Nel 2003 al primo di aprile, giorno in cui iniziano le irrigazioni, il Garda era a un livello di 0,65 dallo zero idrometrico. Se pensiamo che l’escursione del Garda va da 0,20-0,30 a 1,30 significa che la disponibilità d’acqua era neanche un terzo dell’occorrente, mentre in questi giorni il lago si aggira attorno allo 0,70: una situazione migliore che nel 2003. Ogni centimetro di lago corrisponde a poco meno di 4 milioni di metri cubi di acqua. Po e lago d’Idro sono invece un vero disastro, solo la pioggia può risolvere in parte il problema.

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Il Po è una landa desertica, il cuneo salino sale e i Consorzi di Bonifica riescono con difficoltà a prelevare acqua per l’irrigazione in quanto le pompe tendono a insabbiarsi.

Sembra un film già visto, le proposte sono tante ma quando piove tutti si dimenticano e le priorità diventano altre. 

Se il nostro rifornimento di acqua per l’estate sono sempre stati i ghiacciai e la neve caduta di inverno in montagna, se queste condizioni non ci sono più, bisogna pensare di trattenere l’acqua a monte con sistemi diversi. 

C’è un piano bacini proposto dai Consorzi di Bonifica, andrebbe realizzato anche se si dovrà sacrificare qualche territorio e qualche piccola valle. Dalle nostre parti potrebbe essere l’occasione per utilizzare vecchie cave abbandonate e trasformarle in graziosi laghetti. 

Una decina di anni fa venne presentato un piano di bacinizzazione con la costruzione di sbarramenti sul Po che possono servire per trattenere l’acqua a monte nei periodi di crisi. 

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Ogni sbarramento veniva dotato di una centrale idroelettrica ad affluente sfruttando il dislivello che si veniva a creare. Quel progetto dov’è finito? Le voci contrarie si erano subito sollevate da un mondo ambientalista che punta verso la decrescita felice. Sarebbe bene riprendere quel progetto e, con le dovute cautele, portarlo alla realizzazione nel tempo più breve possibile. 

Con queste crisi - poca irrigazione, fiumi e canali quasi asciutti, scarsità di pioggia - potrebbe venire a compromettersi anche la falda acquifera, per questo è necessario fare attenzione anche nei consumi domestici. Le ordinanze emanate non risolvono certo il problema, ma servono a sensibilizzare la popolazione.

Proporre poi di mandare 10/15 metri cubi al secondo di acqua del Garda nel Po non serve a niente, finisce solo per impoverire il Garda, ad oggi il lago che tiene più di tutti. Serve rivedere, dove possibile, alcuni sistemi di irrigazione che comportino un minor consumo di acqua senza bisogno di stravolgere il sistema.

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Tutte cose che si possono realizzare solo con un lungo periodo di studi e di impegni finanziari.

Diocesi di Mantova
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