Sono diciassette gli obiettivi per lo sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030, ognuno associato a un colore. Messi uno accanto all’altro mostrano tutte le sfumature dell’iride.
Lo stesso arcobaleno che sventola sulle bandiere che, invocando la pace, si affacciano alle finestre e si agitano nelle piazze delle nostre città.
E che, con i colori rovesciati, diviene il simbolo di tutti coloro che per identità, orientamento o genere si sentono esclusi, discriminati, non compresi e non accolti.
È un segno che ha radici antiche. Oserei dire, sacre. Dopo l’evento distruttivo e purificatore del diluvio, la Bibbia ce lo presenta come il sigillo della nuova alleanza stretta da Dio con Noè e i suoi discendenti. Un patto che si estende a tutto il genere umano e si allarga all’intera creazione: «pongo il mio arco sulle nubi, perché sia il segno dell’alleanza tra me e la terra» (Gen 9,13).
L’arcobaleno rappresenta uno degli spettacoli naturali più suggestivi e, nonostante la scienza ne abbia svelato il segreto, continuiamo a stupirci al suo apparire tra le nubi del cielo, specialmente dopo le piogge più burrascose.
Una meraviglia che possiamo cogliere attraverso la purezza dello sguardo dei bambini e dei loro disegni. Fantasiose composizioni in cui l’arcobaleno è una presenza costante. Un sole splendente nel cielo, un prato verde e fiorito, un albero frondoso e, sullo sfondo, l’arcobaleno.
È questa la meraviglia della creazione distillata nella sua essenza. Il desiderio di un mondo luminoso. Il sogno di una vita colorata.
Il cuore stesso della sostenibilità, nel suo nucleo più profondo depurato da sovrastrutture, verbosità e vuote promesse.
Per la sua forma, non è altro che un arco appeso a un chiodo. Tenuto in verticale, con la corda tesa, pronto a scoccare la freccia, costituisce un’arma temibile. In posizione orizzontale, diventa il più innocuo degli oggetti. Nel linguaggio comune “appendere al chiodo” è sinonimo di rinuncia, di ritiro, del definitivo mettere da parte qualcosa di importante. In questo senso, Dio pone il suo arco tra le nubi a testimonianza che la guerra tra lui e Noè è finita. Il conflitto tra il Signore e l’umanità non si ripresenterà.
Nell’arcobaleno, dunque, l’alleanza tra cielo e terra diventa allo stesso tempo alleanza tra coloro che abitano il mondo. Segno per eccellenza della sostenibilità che, con fatica e speranza, desideriamo realizzare.
A colpirci è la brillantezza delle sue sfumature. Non è solo colorato, ma rivela l’intera gamma cromatica che va dal rosso al violetto, passando per l’arancio, il giallo, il verde e il blu.
Anche la sostenibilità dunque, così come l’arcobaleno, non può essere monocroma, a tinta unita. Essa porta con sé la ricchezza della varietà. Sia a livello naturale, che in ambito culturale.
La biodiversità e la multiculturalità riunite nel caleidoscopio dell’inesauribile ricchezza del creato e dell’umano.
E che, in questo modo, possono fiorire nell’alleanza. Un’alleanza “integrale”, proprio come la sostenibilità suggeritaci dal vescovo Marco nel suo Discorso alla Città.
Nelle sue parole l’ha definita «un cantiere». Ora, su questo cantiere siamo chiamati a far apparire l’arcobaleno. Senza confini e con moltissimi colori: sia questo il volto rinnovato e rigenerato della nostra Mantova.