In queste settimane sono aperte le iscrizioni al primo anno dei percorsi scolastici. In tale occasione i genitori sono chiamati a decidere se avvalersi o meno dell'insegnamento della religione cattolica (IRC): «Una materia che per sua natura favorisce il dialogo e il confronto tra persone ed esperienze diverse», secondo l'invito della presidenza della Conferenza Episcopale Italiana.
L’adesione è la scelta della maggior parte delle famiglie italiane, ma va segnalato un calo in tale orientamento. I motivi sono molteplici, ma quello più rilevante è il pluralismo, la grande varietà delle esperienze che caratterizzano le nostre scuole: alunni che provengono da religioni diverse, da famiglie che non praticano alcun credo o che si dicono religiose, ma solo a parole. In questa varietà sembra inutile affrontare la scelta dell’IRC nella scuola di tutti. Per molti l'educazione religiosa va praticata nella famiglia, nel catechismo, presso le rispettive espressioni religiose. Ma non è così.
I ragazzi, gli uomini e le donne di domani, hanno bisogno di conoscere le ragioni della propria fede, ma anche sperimentare e conoscere le religioni degli altri, appartenenti a differenti tradizioni culturali. Siamo in un periodo storico caratterizzato dal pluralismo di religioni, idee politiche, visioni della vita che si ignorano o a volte combattono tra loro. L’IRC è l'occasione di un rapporto sereno, che permette il confronto fra i vari sensi della vita.
I programmi scolastici nelle loro finalità hanno superato i tre obiettivi del leggere, scrivere, far di conto; hanno assunto come fine le competenze disciplinari: quella linguistica, matematica, scientifica, tecnologica, ma hanno tralasciato la competenza all'essere e al convivere. Tali competenze si traducono nel saper dare un significato alla propria vita e alla relazione con gli altri. Questo ambito, che rappresenta il cuore dell'educazione, è ignorato; è demandato al singolo, alla sua famiglia, alla parrocchia. La scuola si limita a preparare, ad addestrare ad una professione, ma non ad orientare la propria vita e a porsi positivamente in rapporto con gli altri.
Le ore di IRC, spesso, sono l'unica occasione nella quale le ragioni della fede sono connesse ai problemi esistenziali. Spesso sono l'unico ambito in cui si discutono i problemi ambientali, politici, economici, ma anche la differenza di genere, il ruolo della sessualità, della scelta del proprio stato e della persona con la quale condividere la vita.
Credo che molti di noi possano confermare nella loro esperienza l'essenzialità e l'efficacia di un insegnamento che ha descritto quale sia il progetto di Dio sull'uomo, soprattutto nei momenti felici e in quelli tristi. Ci ha permesso il confronto con chi aveva idee diverse e ha permesso di comprendere meglio le ragioni della propria scelta.
L'insegnante di religione non ha bisogno di mimetizzarsi, di nascondere le ragioni della propria fede, ed è per questo che diventa la persona più idonea per ricevere confidenze, per dare consigli.
L'esperienza di molti di noi può confermare la validità di questa scelta, che ha lasciato un segno positivo nel nostro curricolo scolastico ed esistenziale.