Temi e Opinioni

"Essere preti oggi"

​Non è facile essere laici oggi

Alcune riflessioni a partire dall'articolo di don Giampaolo Ferri

DI Rita Vaglia

Ho letto tutto d’un fiato le riflessioni di don Giampaolo Ferri apparse sul sito della Diocesi di Mantova e, pur nella tristezza e solitudine che trasmettono, esprimono esperienze vissute, sentimenti sinceri, liberi da ipocrisia e, per molti aspetti, condivisibili.

Non c’è dubbio: la Chiesa è in crisi. Possiamo programmare incontri, studi, analisi sulla sinodalità, ma non bastano e non basteranno ad uscirne. Occorre una conversione del cuore, a partire dal Concilio Vaticano II, che riguardi tutti.


Parafrasando le sue parole affermo: non è facile essere laici oggi. Il sentimento di frustrazione personale per una vita parrocchiale morta mi riguarda molto da vicino, e non da ora, e forse non riguarda solo me.


Sono tante le motivazioni; provo a citarne alcune di quelle che mi pare di aver individuato:
- A Mantova il Concilio è stato ignorato, e per lo più osteggiato, come tutte le novità (per comodo immediato, per non averlo capito, per aver preferito procedere per inerzia e svolgere il tradizionale ruolo, che garantiva anche una certa autorità/non autorevolezza) e oggi le chiese sono frequentate, infatti, da credenti sinceri, ma ostili alle novità o ancora troppo dipendenti, nel proprio immaginario, dal potere superiore del sacerdote (non necessariamente fedeli dai capelli bianchi…) secondo la scala gerarchica che persiste. Questi comunque ti ascolteranno, andranno in chiesa, si lamenteranno, ma non avranno un gran ruolo.
- E’ vero: la civiltà parrocchiale è morta; ma la società è cambiata, i problemi si sono diversificati, anche ingigantiti per le nuove generazioni, e la Chiesa è rimasta ferma, ha continuato a produrre le stesse proposte, monotonamente ripetute, nel suo atavico immobilismo. I giovani sono sempre stati la generazione più difficile da attrarre, ma il concilio aveva indicato alcune piste che, se fossero state seguite (anche se la storia non si fa con i se), probabilmente avrebbero potuto produrre risultati diversi. Lo dimostrano alcune esperienze (ad esempio lo scoutismo, che attende di essere guidato spiritualmente, non trovando sempre risposte adeguate), che il clero fatica a guidare, nello spirito del pastore umile e disponibile.
- Alla Chiesa manca l’entusiasmo, da troppo tempo. I sacerdoti sempre stanchi, sempre oberati di lavoro (ma sanno quanto ogni essere vivente lavora quotidianamente, in mezzo a quali insidie e difficoltà?), non solo da ora, attenti alla liturgia, soprattutto nelle occasioni di maggior esposizione popolare, ma poco propensi alla condivisione: chi non ha sentito un parroco, almeno una volta, dire «Io non credo nel consiglio pastorale», «questa è la mia chiesa e qui decido io», «esprimete pure il vostro parere, ma qui decido io», dalle grandi scelte parrocchiali (istituire consigli dedicati alla carità, all’attenzione a vecchie e nuove povertà, vicine o lontane; o gruppi famiglie, primo nucleo di una possibile apertura anche a chi non frequenta normalmente, ecc.) al banale aprire le porte ai ragazzi, a chi potrebbe aver bisogno di un amico con cui sorridere o sulla cui spalla piangere?


E qui mi vengono alcune considerazioni:
- Forse alcuni seminari non sono, o non sono stati, in grado di preparare i giovani ad essere davvero preti, sullo stile di Gesù, stile sostituito dal cerimoniale ecclesiastico che ha preso il sopravvento, producendo preti ingessati in un ruolo stantio, incapaci di empatia, in un momento in cui ce ne sarebbe tanto bisogno; occorrerebbe essere competenti nella teologia tanto quanto nella psicologia umana e nella misericordia, per essere capaci di proposte efficaci e di assumere i ruolo di pastore (cfr. Papa Francesco).
- Forse questi stessi preti, che magari lamentano l’immobilismo della comunità cristiana e la sua impreparazione, hanno trasmesso un’immagine falsata dell’essere Chiesa: in ogni ambito l’esempio, la testimonianza è fondamentale, la “sequela” di Cristo va reimpostata; se questo manca, se il prete non ha il coraggio di proclamare un “Vangelo scomodo” per compiacere tutti, si può finire col perdere quasi tutti… Perché non si è avuto il coraggio di prendere in mano, non solo in senso figurato, il documento del nostro sinodo di qualche anno fa, tentando di renderlo parola feconda?
- Aggiungo: quanto i preti si fidano dei laici? Sarebbero pronti ad esprimere una presenza che ispira, che non si sostituisca, ma promuova i talenti di chi ancora crede nella Chiesa? Quanto hanno pensato a come preparare questi laici, forzatamente part time, a spendersi per il prossimo?
- Non credo che Dio ci abbia messo lo zampino (Il concetto di Dio dopo Auschwitz di Hans Jonas, sia pure con le dovute differenziazioni, si poneva questioni simili), ma purtroppo l’ignavia e il carrierismo anche nella Chiesa hanno giocato un ruolo negativo. Io credo che se riuscissimo a rivalutare e recuperare tutti - ognuno nel proprio, ma ben definito ruolo - lo spirito delle prime comunità cristiane (pur con le incomprensioni, le liti inevitabili) cominceremmo a rinnovare, ringiovanire, rendere fecondo il terreno buono, già preparato e assegnatoci dal Signore
- È vero: fine della civiltà parrocchiale, fine di un modello parrocchiale che piace ad alcuni preti e laici, ma ormai sterile, rinsecchito; ma non fine della Chiesa, perché Cristo l’ha fondata. Forse qualcosa è recuperabile, a partire dall’eliminazione della netta separazione tra laicato e clero: la funzione sacerdotale non è propria di tutti i battezzati?


Come rendere “più facile” il cammino del prete e del laico nella chiesa odierna?
A mio avviso alcune piste potrebbero essere seguite già ora. Nel clima sociale generale di grave indifferenza, spesso di ostilità verso l’altro, è oltremodo necessario mettere in campo tutte le forze:
- Per i preti: partire “dal basso”, dall’ascolto e dall’interesse reale per le persone, frequentanti o meno la chiesa; scegliere, tra le tante attività e doveri da adempiere, di dedicare la maggior parte del proprio tempo ad avvicinare le persone, dimostrando interesse, coinvolgimento, partecipazione a gioie e dolori della gente; favorire la partecipazione dei laici, consentendo loro ruoli anche significativi, in base alla preparazione spirituale, relazionale, organizzativa, manuale… Nutrire maggiore fiducia nei laici, guidandoli come un pastore che conosce le sue pecore e dunque sa individuare le proposte adatte, formularle e seguirne il percorso.
- Per i laici: capire che la chiesa non è solo il luogo della Messa, un luogo estraneo alla propria vita. Solo attraverso i ripetuti inviti, la disponibilità ad accogliere iniziative, il coinvolgimento nelle problematiche parrocchiali o interparrocchiali (famiglie in difficoltà, persone sole, anziane, bisognose anche di aiuti molto banali), il laico potrà progressivamente inserirsi pienamente.
- Per i laici: forse anche attraverso l’amicizia che si crea tra persone e persone e sacerdote grazie ad esperienze comuni, potranno essere coinvolti anche in riflessioni bibliche, che non si riducano ad esegesi “neutre” (senza nulla togliere alle “lectio”, sempre meno frequentate, che mi pare abbiano assunto un carattere più intimistico e individualistico, in linea con l’indifferentismo e l’egoismo dominanti e dunque, forse, da ripensare), ma ci facciano anche capire cosa il Signore vorrebbe da noi oggi; magari i partecipanti sarebbero all’inizio pochi, ma se sapessimo essere coinvolgenti, se facessimo sentire ad ognuno l’oratorio come casa propria, la Parola come la guida della vita, non solo intimistica, da vivere condividendo e dunque interessante, importante, potrebbero aumentare; in ogni caso il numero in sé non dovrebbe essere la nostra prima preoccupazione.
- Per i laici e per i preti: in un clima di reciprocità, perché non affrontare le questioni, etiche e politiche, dell’attualità, senza tabù e nascondimenti? Perchè non aprire dibattiti seri, senza pregiudizi, aperti a tutti e a tutte le posizioni, sui tanti temi oggetto di dibattito, per conoscere, capire e formarsi un’opinione fondata, propria, svincolata dalle imposizioni dei social, libera nel senso pieno del termine?

Infine è vero: il Magistero deve darsi una mossa, ma dal basso dovrebbe salire una richiesta forte di cristianità pura, meno ipocrita, più coinvolgente, capace almeno di comunicare le motivazioni delle proprie scelte (se non di parteciparvi) in modo da allentare la barriera tra clero e laicato… finchè Papa Francesco riesce a guidarci…

Diocesi di Mantova
Diocesi di Mantova