Temi e Opinioni

Chiesa digitale

"Sbornia tecnologica clericale"

Qualche domanda, provocatoria, sulla Chiesa e il web al tempo della pandemia


Improvvisamente anche i più critici ce li siamo ritrovati sul web, alle prese con dirette streaming, chat, audio, post, telecamere, prodotti di editing, programmi di regia. La pandemia è stata anche un acceleratore forzato per il mondo delle parrocchie, la cui componente clericale, in special modo, si è trovata catapultata in un mondo, quello digitale e social, a cui non era assolutamente preparata. 


Dopo lo smarrimento iniziale infatti il mondo parrocchiale, a partire dai pastori, ha iniziato ad abitare il web, trasferendo lì ciò che non poteva più essere svolto in presenza. Qualcuno anche senza comprendere che si trattava di stare in un mondo radicalmente nuovo, con linguaggi specifici e incapaci di reggere quelli usati “prima”.  

Messe, adorazioni eucaristiche, preghiere della tradizione, insegnamenti, catechesi, “fervorini spirituali”, insomma tutto l’armamentario liturgico e catechistico della Chiesa aveva trovato una “nuova casa”

C:\fakepath\shutterstock_1059269369.jpg

Chi scrive, ma probabilmente non è il solo, faticava a discernere tra le decine di messaggi WhatsApp e video di matrice “religiosa” che il mercato del web offriva abbondantemente e facilmente sul proprio smartphone. Qualcuno la chiamava “Chiesa digitale”

Sorvoliamo sulla questione estetica di moltissimi di questi prodotti, la cui qualità rasentava la peggiore spazzatura che, qualche anno fa, veniva attribuita ad una certa televisione.  

Nel giro di poche settimane sono nati anche dei “fenomeni” religiosi dal forte impatto mediatico, tra i quali spiccava la componente clericale del popolo di Dio. Alcuni sono anche divenuti veri e propri imprenditori di sé.  Altri invece sono stati delle meteore. 

Perché il web, lo sappiamo, se per un attimo ti indicizza ai primi posti dei motori di ricerca, subito dopo ti dimentica. 

Perché il web si nutre di “novità”, ha bisogno di “qualcosa e qualcuno di nuovo”.  

pexels_lisa_smartphone.jpg

Come credenti, e chi scrive è anche prete, non possiamo non farci qualche domanda a proposito di quella che potremmo definire “la grande sbornia clericale”, ottenuta dalla bevanda tecnologica ingurgitata senza misura nei mesi più duri della pandemia.

Lasciando da parte le “buone intenzioni”, alle quali comunque è doveroso riconoscere una certa verità, resta il fatto che la Chiesa nella pandemia, almeno a livello più popolare e della sua classe dirigente, si è dimostrata sostanzialmente impreparata e, talvolta molto ingenua. Se è vero che la forma è anche contenuto, o che comunque tra i due vi sia una stretta parentela, il risultato ottenuto non è certo incoraggiante. 

Coloro che il web lo abitano, perché in quel mondo vi sono nati, ci hanno guardati anche con un po’ di compassione, perché abbiamo voluto frequentare uno spazio di cui non conoscevamo pressoché niente. 

C:\fakepath\crossmediapolicies-1.jpg

Qualcuno dice che abbiamo fatto ridere. Mentre noi eravamo convinti di aiutare a pregare. 

Se la pandemia potesse insegnarci qualcosa anche su questo fronte, siamo convinti che la prima cosa sarebbe quella di cominciare a studiare a fondo il mondo del web, perché senza la conoscenza dei suoi linguaggi e dei suoi meccanismi i rischi sono davvero tanti. La conoscenza del web e dei social significa anche essere consapevoli del loro influsso su chi li vuole abitare.

Qualcuno, anche onestamente ingenuo, si è trovato laddove non avrebbe mai voluto trovarsi, esponendo sé stesso, il proprio ministero, le proprie comunità, in situazioni talvolta anche imbarazzanti.

C:\fakepath\pexels-thisisengineering-dati.jpg

Qualcuno si stava convincendo che sarebbe bastata una buona connessione a tenere unita la comunità, una catechesi al giorno per “salvare” i parrocchiani, un abbonamento zoom per una catechesi “come si deve”. 

Terminata la fase più acuta ci siamo ripresi dalla sbornia. E ne abbiamo sentito anche tutta l’amarezza e il mal di testa che ne segue. Di colpo ci siamo resi conto che dovevamo ricostruire dalle macerie. 

Perché in realtà molte connessioni si erano perse, il segnale che credevamo così forte era sparito, dei followers che ci “emoticavano” nemmeno l’ombra. 

suora vescovo smartphone.JPG

A messa, la domenica, si riaffacciavano quelli che avevano già una storia di fede, non quelli a cui destinavamo le storie di Instagram.  

Questo ci porta a concludere che la Chiesa deve ritirarsi dal web o dai social? 

Assolutamente no. 

A patto che questo mondo sia conosciuto e studiato, magari in compagnia dei nativi digitali che hanno molto da insegnare alla Chiesa. Pastori inclusi. 

pexels_julia_m_cameron_didattica.jpg
Diocesi di Mantova
Diocesi di Mantova