ISSR 'San Francesco'
Lunedì 20 settembre 2021 riprendono le lezioni dell’Istituto superiore di scienze religiose “San Francesco”, che ha sede presso il Seminario vescovile di Mantova. Abbiamo incontrato il direttore dell’Istituto, don Nicola Gardusi.
Veniamo da un periodo molto difficile anche per il mondo scolastico: come si riparte dopo un anno e mezzo di distanziamento e didattica a distanza?
Al termine dello scorso anno accademico siamo riusciti ad incontrarci “fisicamente”, corpo docente e studenti (sia uscenti che del primo anno), per approfondire diverse tematiche e risolvere problematiche che riguardavano il normale svolgimento delle lezioni. Puntavamo a maturare un orizzonte condiviso, una visione organica, per un’offerta formativa più efficace. A tale scopo, l’ascolto degli studenti è stato fondamentale per costruire "un’antropologia di riferimento”, cioè una visione dell’uomo custodita nell’esperienza religiosa.
Cosa si propone l’Istituto “San Francesco”?
Un arduo e nobile compito: quello di formare i futuri insegnanti di religione cattolica e di far maturare carismi e ministeri nella nostra Chiesa e per la nostra Chiesa. È ineludibile non porsi almeno due domande e lo stiamo di fatto facendo insieme: chi è e chi dovrà essere un futuro insegnante di religione e cosa chiede la nostra comunità ecclesiale al suo Issr. Per questo l’Istituto si deve aprire e mettere in dialogo con il mondo culturale e universitario non solo verticalmente, sul territorio, ma anche trasversalmente, confrontandosi con altre realtà di Issr, facoltà ecclesiastiche o statali con le loro ricchezze di pensiero, con il mondo della scuola e con tutti gli enti di formazione intellettuale e personale. Per questo verranno promossi viaggi-studio nel periodo estivo per permettere a docenti e studenti di prendere contatto con queste realtà e riceverne vicendevolmente frutto.
In un suo recente intervento, diceva di percepire l’Istituto come una vera e propria “comunità accademica”…
Meglio ancora, una “accademia” vissuta e fatta “in comunità”. Non siamo in un “diplomificio” né tantomeno in una “gabbia dorata per iniziati o illuminati” anche se come una facoltà – di fatto lo siamo, l’unica nella nostra città che può produrre un diploma di laurea – dobbiamo sempre tenere alta e competitiva la qualità del nostro insegnamento. Se uno studente non ha una certa valutazione alla fine della triennale non può accedere al biennio magistrale. Tra l’altro noi siamo accreditati dal Miur per quanto riguarda l’aggiornamento dei professori, non solo di religione, ma anche universitari:
con i nostri corsi, attivati anche grazie alla collaborazione di don Marco Cavallaro con l’Ufficio scolastico diocesano, c’è la possibilità di aggiornarsi. Siamo quindi anche formatori.
Il percorso per diventare insegnante di religione sarà quindi più approfondito?
Il nostro è un laboratorio che deve vertere soprattutto su alcune linee trasversali: l’antropologico e il culturale. Proprio perché sentiamo il bisogno di dare una formazione completa cerchiamo di intersecare le differenti materie per favorire la crescita sia dal punto di vista del piano culturale sia del piano antropologico. Ci siamo chiesti chi è l’insegnante di religione oggi e di cosa ha bisogno. Non è solo un lavoro ma anche una missione: è un credente che ha un ministero.
Quindi la novità di quest’anno è un approccio comunitario con grande scambio di competenze.
C’era anche prima, naturalmente, ma è stata concretizzata una volontà di ascoltarci e conoscerci, prima di tutto fra corpo insegnante, e poi anche con gli studenti. Cercare di metterci in dialogo – nel rispetto dei vari ruoli – per costruire insieme questo laboratorio di scienze religiose. Un discorso teologico si deve interfacciare anche con le altre materie accademiche. Una volta si diceva “Philosophia ancilla theologiae”, si considerava la filosofia al servizio della teologia: oggi non è più così. Tra le novità di quest’anno ricordo il corso di aggiornamento per i religiosi, al quale hanno partecipato in tantissimi anche online da tutt’Italia, che potrebbe diventare un giorno una sorta di specializzazione.