Il cantiere della sostenibilità
La crisi pandemica, l’impoverimento inarrestabile delle risorse naturali e il riscaldamento globale, il fenomeno delle migrazioni, l’aumento delle povertà e delle disuguaglianze, non da ultimo le ingenti e crescenti risorse destinate agli arsenali militari, sono tutti segnali evidenti di un modello di sviluppo non più sostenibile.
Di fronte ad un presente incerto e precario, il vescovo Marco nel suo "Discorso alla città" ha sottolineato l'importanza dei "cantieri di civiltà", veri laboratori di pensiero dove sono protagonisti soprattutto i giovani. Molti di loro chiedono un cambio di "civiltà", frutto di una profonda "conversione ecologica" che cominci dal desiderio di "essere noi il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo". Non un percorso solo dall’alto, dalla politica, dalle istituzioni, ma piuttosto una “conversione comunitaria” negli stili di vita dei singoli e delle comunità che sono chiamate in causa, per essere cittadinanza ecologica.
Già oggi esiste una dimensione comunitaria degli stili di vita (cfr Laudato Si', n. 219) che si traduce nel consumo critico (opposto al consumismo), nella ricerca di soluzioni a problemi socioambientali e nell’utilizzo di beni condivisi. Alla base vi è la scelta di non assistere inermi al cambiamento climatico e al deterioramento ambientale, consapevoli che attendere risposte solo dai governi sia troppo poco e troppo tardi; limitarsi alle azioni individuali non è sufficiente, mentre l'agire insieme come comunità può essere quanto basta e giusto in tempo.
Il Vescovo Marco ha ben indicato come questa conversione significhi applicare i principi della sobrietà e dell'economia circolare nella comunità, nelle imprese, nelle associazioni e nella Chiesa locale. La spiritualità cristiana «incoraggia uno stile di vita profetico e contemplativo, capace di gioire profondamente senza essere ossessionati dal consumo» (LS, n. 222). La sobrietà non chiude, ma «apre molte più possibilità di comprensione e di realizzazione personale» (ivi).
Non si tratta di rinunciare all’acquisto, ma di sperimentare proposte alternative di consumo, a partire dal livello locale e più prossimo, attraverso pratiche economiche che mirano a ridare dignità al lavoro, che non danneggiano l’ambiente e riducono la nostra "impronta ecologica". Come indicato nel "Discorso alla città", occorre cambiare mentalità orientandola verso un uso intelligente delle risorse e delle energie.
Si potrà limitare il consumo di suolo, prima di progettare nuove strutture, pensando come «rigenerare, riqualificare, rivitalizzare, riportare una relazione stretta con la natura», restituendo aree libere significative al sistema ecologico locale. Il vescovo ha ricordato che è necessario ridurre i consumi energetici, attuando comportamenti attenti agli sprechi, e in altre occasioni ha suggerito di incrementare le energie rinnovabili.
Infine va ricordato che se vogliamo affrontare le sfide che affliggono il nostro pianeta, se desideriamo una civiltà della cura verso se stessi, gli altri e l'ambiente, non è sufficiente un approccio scientifico, né bastano soluzioni tecniche ed economiche, ma è necessario un approccio più ampio verso quella "sostenibilità integrale" auspicata dal Vescovo, che metta in rapporto economia ed ecosistema, ambiente e lavoro, vita personale e organizzazione sociale.