Mantova - Concattedrale di Sant'Andrea
26/05/2024
17.00
La Chiesa mantovana desidera condividere con tutti l’annuncio di un evento di gioia e di grazia per la nostra diocesi.
Luca Campagnoli riceverà l’ordinazione presbiterale per l’imposizione delle mani del vescovo Marco e la preghiera della Chiesa domenica 26 maggio alle ore 17 nella basilica di Sant’Andrea in Mantova.
Grati al Signore per questo dono, invitiamo tutti a partecipare alla celebrazione, accompagnando fin da ora don Luca e la comunità del Seminario con la preghiera.
Per accompagnare don Luca, venerdì 24 maggio alle 21 nella chiesa parrocchiale di Castel Goffredo si terrà una veglia di preghiera, aperta a tutti.
«Oggi, guardando al cammino percorso - racconta Luca - mi accorgo di come molte cose, insieme, abbiano contribuito a plasmarmi, dandomi forma e sostanza. L’amore ricevuto dai miei genitori Luisa e Fausto; il tempo trascorso con il nonno Armando, che non andava quasi mai in chiesa, ma mi portava in campagna per accendere un cero nelle santelle mariane; l’amicizia con Stefano, col quale andavo a Messa, ma solo per poter poi giocare alla play station; la catechista Maria Pia, spesso un po’ disperata per il mio comportamento, ma sempre felice di vedere me e i miei compagni. A Cerese ho iniziato a fare il ministrante, l’animatore del Grest e, quindi, l’educatore».
«Per raggiungere il sogno di diventare cuoco ho studiato alla scuola alberghiera di Valeggio sul Mincio e, proprio nel mio percorso scolastico, mi sono imbattuto in Nadia, una cuoca tanto brava quanto umile. La sua conoscenza, insieme ad altre esperienze, mi ha fatto interrogare nel profondo. Da lì ho iniziato a chiedermi cosa cercassi davvero nella mia vita, per poi arrivare a dire, grazie all’aiuto di alcuni amici e di don Nicola, che forse era Dio che mi stava cercando e voleva che lo incontrassi per dedicarmi alla sua Chiesa. Gli anni di seminario hanno poi riletto, maturato e messo a fuoco questo incontro, che oggi mi porta all’ordinazione presbiterale».
La paura viene quando dobbiamo difenderci da qualcosa o da qualcuno. La risposta, quindi, è "no". Non ho paura, perché arrivo a questa scelta in modo libero, affidandomi a un Dio che non può volere il mio male. Naturalmente dubbi e preoccupazioni non sono mancati e, in un certo senso, credo siano il comprensibile e umanissimo corollario delle scelte più radicali. E, nei momenti in cui sembra abbiano il sopravvento, rimango più unito al “per sempre” che Cristo ci ha rivelato nella sua Pasqua, scegliendo di morire e di risorgere per noi. In questo affidamento, tutto ciò che appartiene alla sensibilità umana viene relativizzato e trasfigurato nella fede.
È una sfida avvincente, e, se posso utilizzare un’immagine che mi è famigliare, credo che il prete di domani assomiglierà a una specie di chef. Del resto, un famoso detto afferma che “Gesù le cose migliori le ha fatte a tavola”. Penso sia capitato a tutti di andare a mangiare in un ristorante e di rimanere colpiti, più che da un dettaglio o da un gusto, da un certo clima - in positivo o negativo - che si è vissuto e sperimentato. Oggi più che mai abbiamo, come cristiani e come ministri, la grande responsabilità di aprire le nostre case e le nostre chiese per renderle ambienti accoglienti, senza odore di chiuso o di vecchio. Dobbiamo proporre un cibo desiderabile, che non sappia solo togliere la fame, ma anche dare senso alla vita. È una sfida entusiasmante ma, guardando ai giovani, sono sempre più convinto che non sarò solo in questa missione e che, se ci affidiamo a Dio, lui opererà ciò che a noi oggi sembra impossibile.
Preparando un campo estivo abbiamo scelto come tema “la follia”, nel senso positivo della follia dell’amore che Dio ha nei nostri confronti. A uno sguardo più profondo, nella scelta per il ministero ordinato - così come in tutte le scelte definitive della vita - sotto un’apparente follia superficiale, in cui risalta ciò che manca, si trovano una forte motivazione e una profonda gioia dettate dall’amore. Se è vero che, inevitabilmente, qualcosa si perde - ad, esempio la possibilità di creare una famiglia e una certa libertà nel decidere dove e con chi vivere - è altrettanto vero che la certezza di aver aderito alla propria chiamata fa guadagnare la serenità di provare a corrispondere a quell’amore che ogni giorno riceviamo da Dio e dai fratelli.
“Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore” (1Gv 4,8). È detto bene ed è detto tutto. In modo semplice e universale. Se nella vita conosciamo l’amore, allora conosciamo Dio. Sembra qualcosa di generico e scontato, ma proprio per questo richiede fatica e ricerca. Serve andare al cuore. Conoscere Dio è conoscere l’amore che ha preso casa nel profondo del nostro cuore e che, da dentro, ci chiama a seguirlo.