«L’uomo è fatto per essere felice, come l’uccello per volare», ha scritto Vladimir Korolenko, letterato russo del XIX secolo. Tutti cercano la felicità e orientano la propria vita nel modo che ritengono più idoneo a raggiungerla. Poter godere di tanti beni che ci arricchiscono ci rende felici. Però, mentre viviamo, la felicità è sempre offuscata da un’ombra. Non solo perché, a volte, dopo aver ottenuto cose buone, ci abituiamo ad esse (cosa che succede quasi sempre quando riceviamo qualcosa che avevamo desiderato avere) ma, più profondamente, perché nessun bene creato – in quanto transitorio e passeggero – è in grado di colmare l’anelito umano di felicità.
La nostra dimensione spirituale – il nostro “profondo” – ci rende capaci di andare oltre le realtà concrete con le quali intratteniamo rapporti: le persone, le istituzioni, i beni materiali e gli strumenti che ci aiutano a crescere. Conoscere i diversi aspetti della realtà non consuma e non esaurisce i nostri interrogativi e la nostra capacità di conoscere, in quanto possiamo sempre scoprire cose nuove o comprendere più profondamente quelle già conosciute.
Qualcosa di simile si verifica per la nostra capacità di amare. Non esiste nulla di creato che ci appaghi completamente e per sempre, in quanto possiamo amare di più e possiamo amare cose migliori. E, in un certo qual modo, ci sentiamo spinti a questo. Raggiungere obiettivi nuovi ci rende felici, desideriamo comprendere meglio i problemi e le realtà che ci circondano, acquistando esperienza e sperimentando nuove situazioni. Durante la nostra vita cerchiamo di compiere tutto questo e, per contro, ci deprimiamo quando non ci riusciamo.
Quelli che avvertiamo sono aneliti di pienezza, segni di una grandezza che porta a cogliere in noi qualcosa di infinito, che trascende ogni realtà concreta che fa parte della nostra esistenza.
Il mondo è transitorio. Siamo “di passaggio”, così come tutto quello che ci sta attorno. Le persone che amiamo, i risultati che otteniamo, i beni che possediamo: non c’è nulla che possiamo trattenere in eterno. Ci piacerebbe afferrarli e averli per sempre con noi, perché migliorano la nostra vita, ci tengono allegri con i loro doni e le loro qualità e ci danno gioia. Ma non è così: questi beni non ci accompagneranno per sempre. E, come aveva intuito Maurice Blondel, questa consapevolezza o ci chiude nella continua frustrazione o ci apre al Soprannaturale.
Manuel Beltrami
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