La pratica delle indulgenze rientra nella procedura penitenziale della Chiesa cattolica per il ripristino di un corretto rapporto liturgico, spirituale ed ecclesiale tra il battezzato e il mistero di Dio, di Gesù Cristo e della sua comunità, che è la Chiesa. Già messa in atto in epoca antica, presenta delle analogie e un collegamento con il sacramento della penitenza.
Nella compromissione negativa di questo rapporto, causata dal peccato, si può e si deve distinguere la “colpa” dalla “pena”. La prima riguarda direttamente il rapporto con Dio, mentre la seconda il rapporto con la realtà ecclesiale del penitente; sulla prima interviene anzitutto il sacramento della penitenza, sulla seconda anche la pratica delle indulgenze. Mentre il sacramento media un atto di Cristo, la pratica delle indulgenze media un atto puntuale della Chiesa che, alle condizioni stabilite da chi ne ha l’autorità, sottopone il penitente – vivo o defunto – all’azione salvifica di Cristo, mentre interviene, nel caso di penitenti viventi, sulla loro appartenenza ecclesiale.
Nel sacramento della penitenza il suddetto ripristino è anzitutto (e fondamentalmente) un atto di Cristo, mediato dalla procedura penitenziale di “riconciliazione” con la Chiesa, che prevede un atto liturgico, giudiziale e pastorale di reintegrazione del penitente nella vita e nella comunione ecclesiale. Nella pratica delle indulgenze tale ripristino è un atto della Chiesa che prolunga e arricchisce l’atto propriamente sacramentale.
Maurizio Falchetti
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