Parlare di speranza per noi cristiani non significa semplicemente aspettarsi che, senza una vera e fondata certezza, le cose future “vadano bene”, secondo le proprie aspirazioni e i propri progetti. Non significa neppure attendere che, grazie a qualche avvenimento o intervento umano, la storia del mondo si volga al meglio. Ma significa far entrare “un futuro di fedeltà” che interpella tutti gli uomini (Cf. 1Tim 2,4). Questo futuro è quello del Dio della Rivelazione. Dio ha rivelato, a poco a poco, lo splendore di questo avvenire attraverso le promesse al suo popolo. Queste promesse non si aprono esclusivamente a una realtà di questo mondo, ma a «una patria migliore, cioè celeste» (Eb 11,16): «la vita eterna», in cui l’uomo sarà «simile a Dio» (1 Gv 2,25; 3,2).
La fede in Dio e nelle sue promesse è garanzia dell’accadere di questo gioioso avvenire che il credente può già pregustare attraverso le meraviglie che il Signore compie nella sua vita e in quella del mondo. Perciò egli – nella via della fede e non ancora in quella della “visione” – può essere certo della realizzazione di tale “desiderio di bene”, di questa speranza promessa e non ancora definitivamente gustata.
Per raggiungere tale meta è necessario vivere un amore fedele e paziente ma, purtroppo, la nostra umanità risulta spesso segnata dalla peccaminosità del proprio stato creaturale. Pertanto, l’uomo e la donna di fede non possono fidarsi delle proprie forze, delle intuizioni personali o della propria volontà, per buona che sia. Essi devono affidarsi completamente al Dio che li rende veramente capaci di conseguire ciò che è promesso. Si può sperare dunque solamente in Dio, che ha per l’uomo progetti di pace e di felicità.
Per noi cristiani la speranza ha un volto, quello di Gesù di Nazareth. In lui tutte le promesse fatte ai padri si realizzano e trovano il loro compimento. Nella vita di Cristo troviamo una dimensione fondamentale, che rivela l’identità stessa del Dio della promessa e dell’Alleanza: l’amore incondizionato verso il Signore e verso il prossimo, che arriva anche al perduto e al nemico. La croce e la resurrezione pasquale che la Chiesa tramanda nel racconto evangelico e nella vita liturgica sono il memoriale della nostra speranza. Possiamo perciò affermare che fiducia, speranza e amore per Dio, Padre di Gesù Cristo, costituiscono gli atteggiamenti fondanti e fondamentali che guidano l’intera esistenza del popolo di Dio nella storia.
Nicola Gardusi