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Abitare in Lombardia, tra fatiche e speranza

Presentato oggi a Milano il Rapporto delle dieci Caritas diocesane regionali sul diritto a una casa dignitosa

17 Ottobre 2025

Il tema del diritto a un abitare dignitoso è un tema cruciale per chiunque agisca in ambito sociale, a favore di persone in povertà. Lo sanno bene operatori e volontari delle dieci Caritas diocesane di Lombardia, ai cui centri d’ascolto e ai cui servizi si rivolgono ogni anno decine di migliaia di persone. Nel 2023 sono state almeno 34 mila, con una forte presenza di stranieri (66%) e donne (54%): se è vero che i principali problemi espressi sono stati povertà economica (anche da parte di chi ha un lavoro) e disoccupazione, rilevante è stata anche la segnalazione di problemi abitativi. Dato che conferma una percezione ormai diffusa anche nell’opinione pubblica: in un paese in cui le politiche per la casa appaiono insufficienti, per non dire latitanti, e in cui le misure esistenti appaiono quantomeno ondivaghe, le “storie di successo” di molte aree urbane di Lombardia, e le dinamiche finanziarie e immobiliari che tali storie innescano, finiscono paradossalmente per esasperare i problemi di tante persone, condannate a condizioni di precarietà o addirittura di esclusione abitativa.

La rilevanza della questione abitativa nelle vicende di povertà, e la discussione su possibili strategie per affrontare il fenomeno, sono state al centro di un convegno promosso dalla Delegazione regionale Caritas, svoltosi questa mattina, venerdì 17 ottobre, Giornata mondiale di lotta alla povertà, nella sede milanese di Caritas Ambrosiana. Il convegno è servito a presentare il rapporto Dare casa alla speranza. Le sfide dell’abitare secondo le Caritas lombarde, il quale muove dai dati raccolti dalla rete degli sportelli Caritas di tutta la regione, per cercare di elaborare proposte e strategie all’insegna della dinamica giubilare della speranza.

«Le Caritas hanno la responsabilità di segnalare e coinvolgere – ha detto monsignor Mario Delpini, arcivescovo di Milano e presidente della Conferenza episcopale lombarda nel suo saluto iniziale –. Tanto più rispetto a un tema delicato come quello del diritto alla casa, rispetto al quale si registra anche un tasso di egoismo e avidità, che impedisce di trovare soluzioni facili e immediate. Allora occorre spingere sulle istituzioni, perché si facciano carico di questo tema delicato e complesso».

L’affitto assorbe più del 40% del reddito

Tra i problemi abitativi registrati da centri d’ascolto e servizi diocesani, il principale è la mancanza di casa, con un’incidenza maggiore rispetto al livello nazionale (38,9% in Lombardia, 32% in Italia). In Lombardia appare più alta anche l’incidenza di abitazioni precarie e inadeguate (14,7%, contro 11,7% in Italia), incluse quelle ottenute in affitto da privati. Più elevato anche il tasso di sfratti o di situazioni di morosità (7,8% contro 4,9%) e quello di sovraffollamento (7,5% contro 2,5%). Più diffusa, in Lombardia rispetto ai dati Caritas in Italia, anche la condizione di chi vive appoggiandosi a persone conosciute.

La centralità della questione abitativa ha spinto la Delegazione regionale a realizzare, nel 2025, un’indagine qualitativa tramite approfondite interviste somministrate dall’Osservatorio regionale sulle povertà e le risorse a 97 beneficiari di centri d’ascolto e servizi che abitano in affitto (la modalità “casa in locazione”, infatti, è risultata essere la più diffusa, 51,2%, tra coloro che si rivolgono alle Caritas).

Nel campione selezionato, molti vivono in famiglie monoreddito, con lavori precari e bassi redditi. Più della metà ha difficoltà a trovare casa, spesso per motivi economici o discriminazioni (soprattutto contro stranieri). Più del 40% ha un’occupazione, a riprova del fatto che un reddito da lavoro non basta più, in molti casi, a garantire serene condizioni di vita; altri sono disoccupati o sottoccupati. Le abitazioni risultano spesso sovraffollate, degradate o poco sicure, ma nonostante ciò gli inquilini a volte temono di lamentarsi per paura di perdere la casa. In generale, dato in controtendenza rispetto alla percezione comune, i rapporti con i proprietari sono buoni, anche se esistono criticità.

La maggioranza tra gli intervistati ha contratti a canone libero; alcuni non hanno contratto o sono in situazioni poco chiare. Poche sono le situazioni di canone concordato, pochi anche i casi di residenza in alloggi pubblici. Molti, infatti, faticano a ottenere la cosiddetta “casa popolare”, avendo Isee troppo basso o troppo alto, oppure rifiutano per inadeguatezza dell’alloggio assegnato o paura del contesto in cui è inserito. Inoltre le assegnazioni sono rare e lente.

Tornando agli affitti da proprietari privati, spesso i contratti durano oltre 4 anni. Per il 42% degli intervistati il costo dell’affitto assorbe più del 40% del reddito, superando la soglia di sostenibilità (fissata convenzionalmente al 30%). Di conseguenza, molti hanno difficoltà a pagare l’affitto, ma anche le utenze. Quanto alle condizioni abitative, benché la qualità percepita sia “media” per molti intervistati, le case sono spesso piccole (soprattutto bilocali) e manifestano problemi strutturali e di degrado (impianti vecchi, mancanza di ascensori, ma anche umidità, muffe, ecc). Il rapporto con i proprietari, come detto, è In generale positivo, ma in un terzo delle interviste si rilevano problemi di manutenzione, aumenti non concordati o discriminazioni; le controversie legali non mancano, ma sono in numero contenuto.

Tra i 97 intervistati, la maggior parte indica di ottenere gli aiuti principalmente da Caritas; seguono i servizi sociali e le reti familiari. Per molte situazioni si rende necessaria un’azione combinata. Il ruolo delle Caritas si rivela fondamentale per il supporto economico (pagamento di bollette, affitti, ecc.) e per l’accompagnamento verso soluzioni abitative più stabili.

In conclusione, dalle interviste emerge con chiarezza che il mercato privato è inaccessibile e poco tutelante per molti. Ne deriverebbe la necessità di rafforzare la mediazione abitativa, condotta da figure terze e preparate, per prevenire i conflitti e le situazioni di morosità, rendendo il sistema più equo.

Monitorare, accompagnare, prevenire

All’indagine qualitativa condotta dall’Osservatorio si aggiungono, nel rapporto, altri contributi. Uno dei capitoli è dedicato alla valutazione dell’intervento delle Caritas nel campo del disagio abitativo e dell’housing, in particolare di 43 progetti dedicati ad affrontare la grave emergenza abitativa che colpisce settori vulnerabili della popolazione (migranti, donne sole, ex detenuti, persone senza dimora, famiglie fragili, working poor), offrendo ai destinatari accoglienza personalizzata e percorsi di autonomia. Un ulteriore capitolo è dedicato alla descrizione di alcune tra queste buone prassi.

Il rapporto giunge ad alcune conclusioni, illustrate durante il convegno da don Roberto Trussardi, direttore della Caritas diocesana di Bergamo e delegato regionale Caritas. In particolare, si evidenzia la necessità (raccomandazione rivolta alle istituzioni regionali e locali) di rafforzare il quadro normativo e organizzativo atto a favorire le esperienze, tra cui alcune di matrice Caritas, di mediazione tra proprietari e affittuari, affidate a soggetti terzi e neutrali rispetto alle parti, ai quali affidare compiti di monitoraggio e accompagnamento sociale, al fine di prevenire situazioni di morosità e conflitto.

Inoltre, le Caritas lombarde puntano a studiare e poi concretizzare un’iniziativa regionale all’insegna dello slogan “Muovere gli immobili”: le modalità operative e gli obiettivi progettuali sono da definire, ma la volontà dichiarata è contribuire, collaborando con istituzioni e altri soggetti sociali territoriali, al recupero di alloggi inutilizzati e degradati, di proprietà pubblica e privata, per ampliare lo spettro delle possibilità di “affitto sostenibile”, a favore di famiglie in povertà abitativa.

«Rafforzare la mediazione abitativa, affidandola a soggetti qualificati, per tutelare gli inquilini, facilitare il dialogo con i proprietari e prevenire morosità e conflitti. Muovere gli immobili, attraverso iniziative che puntino al recupero sociale di spazi vuoti e degradati pubblici e privati, da destinare ad affitti sostenibili. Ma anche muovere le coscienze e le riflessioni per un abitare dignitoso e che sia garanzia di diritti, e muovere le politiche, per dare maggiore spazio negli ordinamenti regionali e locali a chi vive condizioni di fragilità. Riconoscere l’approccio “housing first” come paradigma da adottare nelle politiche locali e regionali, mettendo la casa al centro dei percorsi, come base di inclusione e autonomia. Favorire co-programmazioni e co-progettazioni territoriali stabili, con enti locali, Caritas, privato sociale e cittadini, per una responsabilità condivisa sull’abitare. Monitorare le fragilità abitative con strumenti regionali di osservazione aggiornati, quantitativi e qualitativi, per rendere visibile la domanda invisibile e orientare in modo efficace le politiche. Sono i temi – ha sintetizzato in conclusione don Trussardi – che ci sentiamo di sottoporre alle istituzioni regionali e locali, ma anche alla società lombarda nel suo complesso».
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