vita della Chiesa
Intervista a don Luca Franceschini, direttore dell’Ufficio per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto della CEI
15 Luglio 2024
Sono sempre più le chiese parrocchiali che si trovano ad affrontare l’opera di adeguamento liturgico secondo i criteri indicati dal Concilio Vaticano II. L’approfondimento dei testi riguardanti questo tema, accanto a soluzioni discutibili, ne ha prodotte altre di assoluta qualità celebrativa ed estetica, dimostrando come la fedeltà alla tradizione della Chiesa non equivalga a immobilismi o sterili nostalgie del passato.
Proprio per accompagnare le comunità che sono alle prese con questi processi, abbiamo intervistato don Luca Franceschini, da febbraio 2022 direttore dell’Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto della Conferenza Episcopale Italiana.
L’adeguamento liturgico è un intervento di ripensamento dell’edificio-chiesa nel suo insieme, e in particolare dell’area del presbiterio, per rispondere alle indicazioni del Concilio Vaticano II offerte in particolare nella Costituzione dogmatica Sacrosanctum Concilium, che invita a ripensare i riti liturgici per favorire una attiva, fruttuosa e consapevole partecipazione dei fedeli, e successivamente dai nuovi rituali - in particolare dall’Ordinamento Generale del nuovo Messale - che dà indicazioni concrete, adattate ulteriormente nella versione in lingua italiana, per la celebrazione dell’Eucaristia e degli altri Sacramenti.
In particolare, dalla fine degli anni Sessanta ad oggi, non solo sono stati ripensati gli altari, perché vi si potesse celebrare rivolti verso il popolo, ma anche inseriti nell’area presbiterale l’ambone per la proclamazione della Parola di Dio e la sede del celebrante dalla quale si esercita il ruolo della presidenza liturgica, non più demandata unicamente alla zona dell’altare. Oltre a questo, in molti casi si è ripensato lo spazio presbiterale eliminando quando possibile le balaustre, oppure disponendo in modo nuovo l’assemblea, in modo che sia maggiormente posta attorno all’altare.
La necessità di oggi è quella di superare una fase rimasta spesso in una situazione di provvisorietà e sperimentazione, offrendo alle comunità dei luoghi liturgici pensati in modo stabile, artisticamente significativo, frutto della lunga sperimentazione avuta in questi decenni.
Direi che il ruolo della comunità è essenziale, e il suo coinvolgimento necessario, affinché possa prendere coscienza dell’evoluzione vissuta e offrire una riflessione sugli esiti partecipativi raggiunti; questo anche per evitare che l’adeguamento si modifichi secondo la sensibilità dei singoli parroci che si susseguono. La comunità potrà essere coinvolta in momenti di formazione e riflessione, di rilettura del percorso vissuto e anche nel dare il proprio parere concreto attraverso gli organismi di partecipazione, in un cammino – anche in questo ambito – sinceramente sinodale.
È altresì importante il ruolo della Commissione diocesana di Arte Sacra, il giudizio dell’Ordinario e, quando richiesto, il necessario confronto con la competente Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio. L’adeguamento infatti non è mai il semplice prodotto di una comunità, ma un’esperienza di Chiesa che supera la sensibilità locale, pur fondandosi nella concretezza del cammino di fede della comunità che celebra.
Ci sono esempi virtuosi di percorsi partecipativi ben organizzati, che hanno coinvolto non solo la comunità nel suo insieme, ma anche i singoli gruppi con la loro esperienza, dagli anziani che ricordano, talvolta con nostalgia, sia il “pre” che l’entusiasmo del “post” Concilio, nonché le varie fasi vissute, sia i ragazzi e i giovani che possono con freschezza raccontare le loro aspettative e le loro difficoltà; così è stato utile il confronto con i ministranti, il coro, la commissione liturgica dove presente, fino al Consiglio Pastorale, come esperienza partecipativa che offre il proprio essenziale contributo. Molto utile è stato il coinvolgimento di persone esperte in animazione e competenti sulla materia, per aiutare le persone a superare la tentazione del fermarsi alle sole lamentele per ciò che non funziona o al semplice accontentarsi del “si è sempre fatto così”.
Non c’è dubbio che, se pure è da scartare l’idea che ogni parroco adegui a sè stesso la liturgia parrocchiale, la presenza di parroci illuminati, coinvolgenti e capaci di animare la comunità è spesso, in questa direzione, la carta vincente.
Le fatiche sono molteplici. La prima è il sempre presente attrito tra chi è più legato alla tradizione e chi cerca forme maggiormente innovative; aiutare a non assumere forme ideologicamente bloccate e stereotipate è il primo fondamentale scoglio, che richiede un impegno pastorale e anche la giusta conoscenza delle norme liturgiche alle quali è necessario porre un’umile obbedienza. L’antico adagio “In necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas” può aiutare a capire quali sono le cose necessarie sulle quali trovare accordo, talvolta in obbedienza alla Chiesa, quali le cose opinabili sulle quali discutere, facendolo tuttavia in un necessario atteggiamento di reciproco ascolto e vicendevole carità.
La seconda fatica è il difficile dialogo con l’arte contemporanea e la tentazione per molti di pensare un adeguamento come qualcosa che scompare per non turbare la bellezza e l’antichità delle nostre preziose chiese, quasi che esse non fossero il risultato di innumerevoli adeguamenti e cambiamenti prodotti nelle diverse vicende conciliari ed ecclesiali susseguitesi nella storia. Non è facile fare un intervento che sia “contemporaneo”, artisticamente significativo, capace di dialogare con l’esistente. Tuttavia è la nostra sfida.
La CEI nel tempo ha offerto e proposto diversi strumenti. Il primo è la Nota pastorale della Commissione Episcopale per la Liturgia, emanata nel 1996, con il titolo L’adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica. Vi sono poi stati negli anni corsi di formazione, convegni, viaggi studio organizzati dal nostro Ufficio per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto e dall’Ufficio Liturgico nazionale. Ultimamente vi sono state anche importanti collaborazioni, in particolare con la Pontificia Università Gregoriana e con il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo, che hanno offerto corsi e occasioni formative su questi temi per chierici e laici.