12 marzo
Un pomeriggio di intensa preghiera nella cripta della basilica di Sant'Andrea
don Stefano Savoia
14 Marzo 2024
Un flusso ininterrotto di mantovani e visitatori è sceso nella cripta della basilica di Sant’Andrea martedì 12 marzo per venerare il Preziosissimo Sangue di Cristo esposto in forma straordinaria, dalle 14 alle 18. La circostanza coincide con la data del secondo ritrovamento della reliquia, avvenuto nel 1048 nel cortile dell’ospedale per pellegrini che sorgeva nell’area tra piazza Mantegna e piazza Alberti.
I momenti di preghiera silenziosa e personale si sono alternati alla celebrazione della liturgia delle ore e a preghiere litaniche, conclusi col vespro presieduto dal vescovo Marco.
Al termine quattro novizi sono stati ammessi al cammino formativo nella Compagnia del Preziosissimo Sangue. La consegna dello Statuto e del “Libro delle preghiere” ha suggellato ufficialmente un cammino intrapreso già da diversi mesi.
[Foto di Gianni Bellesia]
Ci prepariamo al Giubileo della Speranza, che vedrà la basilica di Sant’Andrea come chiesa giubilare per i fedeli mantovani ma anche per i pellegrini italiani - e non solo - desiderosi di sostare per venerare la Reliquia del Preziosissimo Sangue. La tappa mantovana del Giubileo della Speranza avrà il suo focus spirituale nel Sangue di Cristo redentore. Ormai più volte abbiamo ripetuto la citazione di Sant’Agostino che lega la redenzione alla speranza: “Non dire: non mi salvo! Hai il Sangue di Cristo! Ogni tua speranza è il sangue di Cristo”.
Il 22 giugno del 1991, il papa San Giovanni Paolo II, pellegrino in sant’Andrea, ricordava il peculiare impegno che alla nostra Chiesa deriva “da così venerandi segni della passione del Redentore”. Il Pontefice definiva la Basilica una “Chiesa di viatori”, di pellegrini impegnati nella sequela di Cristo a corrispondere al grande amore con cui Egli ha dato sé stesso per noi. L’espressione “viatori” allude al monito che campeggia nell’ottagono sovrastante la cripta: “Adora: inginocchiati, pellegrino, e adora il prezzo della tua redenzione” (Procumbe viator hic pretium tuae redemptionis) che vale per tutti e in particolare per i membri della Compagnia, il cui carisma è venerare il Preziosissimo Sangue, custodire la reliquia e diffonderne il culto.
In questa preghiera vespertina, accogliamo come un dono di cui rallegrarci e benedire il Signore, quattro aspiranti che iniziano il loro noviziato per diventare membri effettivi della Compagnia. Riceveranno lo Statuto della Compagnia e il Libro delle preghiere e si impegneranno a intensificare nel prossimo semestre il senso dell’appartenenza e del servizio alla Chiesa mantovana aderendo alla Compagnia.
Significativamente il rito prevede che il vescovo faccia seguire alla presentazione dei candidati la professione della fede.
La chiamata a far parte di questa confraternita ecclesiale ha come “radice” e motivazione di fondo la fede nella Redenzione realizzata da Gesù nel sacrificio pasquale, ha come “tronco” l’appartenenza alla comunità cristiana mantovana con la sua robusta tradizione, ha come “rami” le diverse attività che afferiscono alla missione della Compagnia sia per il servizio della Basilica, sia per l’istruzione catechistica e storico-culturale finalizzata a far conoscere e diffondere il culto della Reliquia.
Questa sera, disponendoci nel solco di questa fase di rilancio della Compagnia, fissiamo l’attenzione al cuore del mistero della Redenzione in cui si radica l’adesione dei nuovi novizi sostenuti da tutti i confratelli e consorelle.
Indirizziamo in modo particolare ai quattro candidati le parole dell’esortazione: “Adora pellegrino il prezzo della tua redenzione”.
Siamo riscattati dalla morte - anzitutto spirituale e dunque biologica in quanto essa è salario e conseguenza del peccato (cfr. Rm 6,23) – “non a prezzo di cose vane, come l’oro e l’argento, ma dal sangue prezioso di Cristo” (cfr. 1Pt 1,18-21). La redenzione è l’opera di amore del Padre, che, per amore nostro, ha compiuto il sacrificio per lui più costoso: “Dio non ha risparmiato suo Figlio, ma lo ha dato per noi tutti” (Rm 8,23). Nel contempo è opera di amore del Figlio che in tutto si è fatto obbediente fino alla morte e alla morte di croce mosso da un’unica volontà: “Bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato” (Gv 10,31). Quello che il Padre vuole è che il suo Figlio si offra per riscattarci da un modo di vivere vuoto e corrotto che, facendoci perdere l’amore del Padre ci condanna a perdere dignità, umanità, libertà, conoscenza, integrità morale. Condividendo lo stesso amore che il Padre ha verso il mondo, Gesù è trasportato ad amarci fino all’eccesso della croce: “Cristo vi ha amati e ha dato sé stesso per voi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore” (Ef 5,2).
La Redenzione non è paragonabile a una sorta di transizione commerciale, un “do ut des” per compensare con un sacrificio l’offesa arrecata dal peccato. Dio odia il peccato perché offende la sua creazione e moltiplica a dismisura il male e le sofferenze patite dall’umanità, ma il Dio di Gesù ama infinitamente il peccatore e vuole redimerlo rendendolo partecipe del potere salvifico della morte e della risurrezione di Gesù.
La redenzione dai peccati avviene nel cuore del Figlio e grazie alla sua piena adesione all’amore del Padre verso l’umanità. Paolo concentra nella persona del Figlio (prima ancora che nel sangue versato) il potere salvifico: “Nel suo Figlio diletto abbiamo la redenzione mediante il suo sangue” (Ef 1,7). Come ogni altro mistero della fede, a maggior ragione la Redenzione deve conservare il suo carattere di mistero santo che supera ogni possibilità umana di comprensione e dischiude le sue profondità insondabili ai piccoli: “Ti Benedico o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rilevate ai piccoli” (Mt 11,27).