APPROFONDIMENTO
Intervista a don Bruno Bignami
DI MARCO PIROVANO
13 Giugno 2023
Tra gli eventi del Food&Science Festival che si è svolto a Mantova dal 19 al 21 maggio scorso c'è stato l’incontro con don Bruno Bignami - sacerdote della diocesi di Cremona e direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della CEI - sul tema “Fame nel mondo: che cosa possiamo fare?”. Abbiamo chiesto a don Bignami un approfondimento su questo tema.
Nel 2015 sono state pubblicate l’enciclica Laudato si’ di papa Francesco e l’Agenda Onu 2030: sconfiggere la fame diventa obiettivo condiviso. Da più parti si dice che “tutto è connesso”: produzione del cibo e crisi climatica, agricoltura e biodiversità, alimentazione e allevamento, fame e solidarietà. Un altro termine richiamato più volte è “ecologia integrale”. Che cosa si intende?
Il concetto di ecologia integrale è centrale nella Laudato si’ di papa Francesco. E significa appunto che tutto è connesso, cioè quando noi oggi vogliamo affrontare i problemi sociali, dobbiamo anche connetterli con quelli ambientali e viceversa. La recente pandemia ci ha ricordato che ogni problema di una parte del mondo ha ripercussioni sull’altra. Questo succede a livello sanitario, economico, lavorativo, sociale... Oggi la grande questione è abitare queste interconnessioni. Quando vogliamo affrontare i temi ambientali, dobbiamo parlare di ecologia, però sempre legandoci ai temi della vita sociale, dell’economia, della politica.
Siamo convinti che la fame nel mondo si risolva semplicemente producendo di più. In realtà le cose non stanno così. Oggi buttiamo un terzo del cibo che produciamo: produciamo cibo per circa 12 miliardi di persone quando nel mondo siamo 8 miliardi. Questo significa che il tema principale non è quello del produrre di più, ma dell’imparare a condividere le risorse. Infatti nel mondo c’è chi prende i farmaci del colesterolo perché ha un’alimentazione eccessiva, e c’è chi invece muore di fame perché non ha accesso al cibo. È questa la grande sfida del nostro tempo, che è una sfida etica e anche sociale e antropologica, cioè quella di riconoscere il valore di ogni vita. La sfida è quindi quella della condivisione, del partecipare a tutti le risorse del pianeta.
Sicuramente oggi, per garantire l’accesso a tutti, c’è bisogno di educarci a uno stile di vita più sobrio che eviti sprechi e consenta al cibo di poter raggiungere le zone del mondo dove si soffre maggiormente la fame. È importante favorire non tanto le grandi multinazionali, dal punto di vista della produzione del cibo, quanto una produzione vicina alla gente. Penso all’agricoltura familiare, cioè esperienze che sono molto attente al territorio, perché c’è una differenza sostanziale – nell’ottica dell’ecologia integrale – tra un modello che è preoccupato solo di produrre in quantità e un modello che si deve invece preoccupare di produrre anche al servizio della vita di tutti. Dovremmo poi educarci a consumare meno proteine di origine animale, perché queste hanno un impatto eccessivo sull’ambiente, ed equilibrare le nostre diete con più proteine di origine vegetale. Questa è già una scelta.
Sicuramente l’agricoltura ha un grande impatto ecologico e anche a livello di riscaldamento globale, oltre all’utilizzo delle risorse – penso all’acqua, o all’eccessiva dipendenza dai combustibili fossili – c’è tutta una serie di trasformazioni da creare. Oggi è importante sposare la transizione energetica, cioè la capacità di produrre energia attraverso le rinnovabili.
Non esiste autentica transizione energetica se non all’interno di una conversione ecologica. Questo ci ricorda papa Francesco: nella Laudato si’ non usa mai la parola “transizione” ma sempre “conversione”. Abbiamo bisogno di convertirci a uno stile, a uno sguardo diverso, a una politica, a una spiritualità, a una cultura della cura che si faccia attenta alle scelte, sia di spesa – quelle che facciamo con il nostro portafoglio ogni volta che acquistiamo qualcosa – sia anche alle scelte di consumo: la qualità di ciò che viene prodotto.
Una delle esperienze più interessanti di transizione energetica è quella delle comunità energetiche. Coniuga appunto l’istanza ecologica - cioè il passaggio dalle fossili alle rinnovabili - con l’istanza sociale, cioè la possibilità di rispondere al grande tema della povertà energetica, che negli ultimi anni è esplosa. Oggi in Italia l’8% delle famiglie soffre di povertà energetica. Questo significa allora che se noi oggi vogliamo affrontare in maniera adeguata il tema della transizione energetica dobbiamo guardare a tutti e due questi livelli, sia quello ambientale-ecologico, sia quello sociale.