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Fili di pace e di speranza

Testimonianza di un sacerdote mantovano a Gerusalemme

don Luigi Milani

17 Febbraio 2025

Don Luigi Milani, sacerdote mantovano, dallo scorso settembre sta trascorrendo un periodo di studio e servizio in Terra Santa, ospite presso il Capuchin Monastery a Gerusalemme.

Si è tanto pregato in tutto il mondo affinché in Terra Santa si potesse giungere alla pace. La speranza non è mai venuta meno, soprattutto tra i cristiani di Gaza, incoraggiati dai loro pastori, dal Patriarca dei Latini Pierbattista Pizzaballa e dalla nostra solidarietà a “rimanere in piedi” e a non andarsene con le loro famiglie dalla terra dei loro padri.

Purtroppo invece è quanto si sta verificando nella terribile guerra che da anni mette a dura prova la convivenza di questi popoli «costretti a vivere insieme perché uno ha bisogno dell’altro»: sono le parole del cardinal Carlo Maria Martini, rimasto per tanti anni in Palestina a pregare e approfondire lo studio della Bibbia che in questa terra ha le sue radici profonde.

Dopo essermi confrontato con il vescovo di Mantova ho potuto anch’io venire in questi luoghi per dedicarmi alla preghiera, allo studio e al servizio alla Chiesa di Gerusalemme, numericamente piccola e particolarmente provata nella sua fede, ma proprio per questo segno di speranza tra ebrei e musulmani.

Mi immergo nella ricerca biblica e archeologica ma soprattutto negli incontri con le persone e con le esperienze che sono le pietre viventi dei luoghi santi. Sto imparando a conoscere la cultura islamica con i suoi pilastri fondamentali, le feste e le antiche tradizioni del popolo ebraico e i differenti riti delle Chiese cristiane che hanno qui con gli altri popoli radici comuni e i loro santuari principali.

È stato davvero bello condividere la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani ogni giorno in una chiesa diversa, dove le differenti tradizioni e lingue ci hanno accolto, e condiviso fede e fraternità. Quella fraternità che poi incontro tra preti e religiosi di tutto il mondo che qui hanno un appoggio per la loro missione.

Carità che sto condividendo, anche a nome della mia Diocesi, con famiglie che qui, a motivo della guerra, hanno perso tutto e non possono più contare sul guadagno proveniente dal turismo e dai pellegrinaggi.

Solidarietà con i bambini sordomuti dell’Istituto Effetà di Betlemme, voluto da Paolo VI affinché tanti ragazzi, soprattutto musulmani, potessero essere educati all’autonomia nella società nonostante il loro handicap. Le suore Dorotee insegnano a udire e a parlare con un metodo unico al mondo. È l’amore che imparo anche dalle suore Comboniane con le quali stiamo incontrando le donne beduine dei villaggi del deserto.

Le religiose insegnano l’arte del punto croce, prodotto tipico della cultura palestinese e patrimonio immateriale dell’umanità. Abbiamo chiamato questo progetto “fili di pace”. I manufatti vengono acquistati direttamente nei villaggi e portati nei negozi per essere fatti conoscere alla nostra gente che saprà apprezzare il lavoro certosino di queste madri che per la prima volta si vedono tra le mani un po' di denaro per comperare ciò che è necessario alla famiglia e per la loro dignità di donne.

Con l’offerta di un benefattore abbiamo anche acquistato macchine da cucire per dare al prodotto finale maggiore professionalità. Nel grigiore dei giorni di questi popoli le donne del deserto trovano in questi nobili lavori con fili colorati il coraggio di sperare ancora. Speranza che si intreccia con i pianti dei bambini, con la sabbia di cui sono impregnate le loro tende e con il lavoro delle greggi custodite dai mariti, spesso costretti a venderle per poter vivere.

Tutti aspettano che in questa Terra fiorisca la pace.

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