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Bene comune

Giovani in missione 2025

Esperienze di approccio alla mondialità per giovani dai 18 ai 35 anni

25 Ottobre 2024

Vivere accanto ai missionari mantovani in Togo, Mozambico, Brasile, Ecuador. È molto più di un viaggio: è incontrare volti e storie per guardare dentro sé stessi e scoprire il potenziale di cambiamento che è in ciascuno di noi.

L’esperienza è preceduta da un percorso di nove incontri di preparazione, secondo il calendario che verrà condiviso nel primo appuntamento:

sabato 23 novembre 2024, dalle 9.30 alle 12.30, al Centro pastorale diocesano (via Montanari, 1 - Mantova).

Per informazioni e iscrizioni:

don Luigi 338 1888095 | don Enea 349 0085760 | missioni@diocesidimantova.it

La testimonianza di Elisa

Chiamati da qualcuno più grande, da chi desidera davvero il nostro bene e ripone speranza in noi, e inviati dalle comunità pronte a sostenerci nei momenti difficili, vicine anche nella distanza, decise ad accompagnarci in questa missione. Perché sì, è proprio di una missione che stiamo parlando. O meglio, di esperienza missionaria.

Ci sono molte aspettative e molte immagini che vengono evocate dall’accostamento di queste due parole. Ne hai tu, e ne hanno le persone che ti stanno attorno e a cui dici “Voglio andare a fare un’esperienza in Africa o altrove”; c’è chi ti guarda strano, chi ti dice “bravo”, chi ti dice “ma non è pericoloso?”, chi ti chiede “perché?” e altro ancora.

È luogo comune pensare che il volontario che parte in missione sia una persona pronta a offrire tempo, competenze e risorse per aiutare chi è povero, chi soffre, chi di risorse non ne ha. Di certo, in questo luogo comune, qualcosa di vero c’è: le realtà che abbiamo visitato ne sono una prova. Ci si imbatte in contesti poveri, sofferenti; in contesti che, ai nostri occhi occidentali, necessitano di supporto e cambiamento. Tuttavia, a una partenza fatta di bagagli carichi di volontà di aiutare, è coinciso un ritorno con un bagaglio pieno di insegnamenti, valori ricevuti e opinioni trasformate.

Pochi giorni prima della partenza abbiamo ricevuto il Mandato Missionario: un momento di preghiera durante il quale siamo stati inviati, a nome della Chiesa, in terra di missione. Ci è stato consegnato il Crocifisso, segno dell’amore di Gesù per l’umanità e simbolo e motivazione della scelta di condividere anche con i fratelli più lontani la nostra fede.

La missione ha molte facce. Quella africana, americana, ma anche quella europea. Quella dei bimbi, ma anche quella delle comunità di adulti che li fanno crescere. Quella gioiosa della fede, dei canti, dell’accoglienza, ma anche quella triste della povertà e della violenza. Anche quest’anno, come gli anni passati, molti di noi hanno scelto di andare ad incontrare queste facce; e dopo mesi di preparazione, grazie agli incontri di formazione guidati dal Centro missionario diocesano, siamo tornati carichi del desiderio di comunicare a tutti quello che abbiamo vissuto.

Siamo partiti in gruppo o singolarmente, pochi ragazzi o ragazze, ognuno con la sua storia e con i suoi pensieri, ognuno in cerca di qualcosa. Siamo partiti conoscendoci poco ma avendo in comune un desiderio: portare tutto ciò che eravamo e riempire i nostri occhi e il nostro cuore di tutto ciò che avremmo incontrato. Volevamo rivivere l’esperienza del servizio in una realtà un po’ più lontana da noi, sia fisicamente che culturalmente, avere quindi la possibilità di conoscere e iniziare a comprendere quello che esiste “oltre il muro di casa nostra” e poter dedicare un po’ del nostro tempo e di quello che possediamo noi come individui a qualcuno che non fossimo noi o le persone a noi quotidianamente vicine.

Nel momento in cui abbiamo messo piede in queste terre sconosciute siamo stati attratti da un’aria diversa, ci siamo trovati così tanto davanti agli occhi, che questi non erano mai sazi di osservare. Durante gli spostamenti eravamo sempre all’erta, poiché la possibilità di incontrare qualcosa di nuovo che catturasse l’attenzione era alta: i bambini sorridenti che agitavano le mani per salutarci, una donna che portava sulla schiena il suo bambino, degli uomini che costruivano la propria casa. È stato un continuo intervallarsi di luoghi disordinati e di natura e spazi infiniti.

Queste terre nuove hanno iniziato da subito ad insegnarci molte cose: a razionalizzare le sofferenze affrontandole, a piangere solo di gioia, a essere grati di ogni cosa, a sorridere con il cuore e non soltanto con la bocca.

Ci ha colpito fin da subito l’accoglienza e la condivisione che questa gente, seppur nella semplicità, è riuscita a trasmetterci, e siamo rimasti affascinati, ma anche impressionati per la sofferenza che si vede per le strade e che il sorriso e gli occhi delle persone nascondevano. Pur vivendo in condizioni di estrema povertà provano gratitudine per quel poco che hanno che trattano con dignità e rispetto e ti insegnano cosa vuol dire sorridere, amare, volersi bene e stare insieme tutti come fratelli e sorelle di una grande famiglia. In ogni loro discorso c’è un affidarsi a Dio, segno di una grande fede. Questo ci ha spinto ad interrogarci sul nostro credere, spesso debole e dubbioso pur vivendo noi nel benessere. Abituati ad una società dove è dato tutto per scontato e dove i privilegi sono diventati abitudine, questa esperienza ci ha riportato alle origini imparando ad apprezzare ciò che la vita offre mentre oramai tutti ci concentriamo solo su ciò che manca.

Non importa se sia la prima o la decima esperienza di missione, essa riesce sempre a riportarti all’essenza dei valori reali, all’accoglienza, all’amicizia, alla fede, all’autenticità. È stato un viaggio soprattutto interiore, che ci ha fatto tornare nella vita di tutti i giorni con uno sguardo diverso, cambiato, nuovo, con la capacità di dare valore alle cose veramente importanti quali il rispetto, la semplicità, l’amore, la comunità e la famiglia, punti fermi che ci auguriamo di riuscire a portare avanti nelle nostre vite. Il nostro impegno ora è proprio quello di ricordare, testimoniare e applicare quanto vissuto.

Abbiamo progettato il viaggio sognando da soli, siamo partiti con la voglia di sognare insieme, speriamo di aver lasciato un piccolo segno nella realtà dei giovani che abbiamo incontrato. Di sicuro siamo tornati arricchiti, pieni di gratitudine, gioia, emozioni e sensazioni che a distanza di settimane continuano ad emergere. L’esperienza di missione non è finita con il ritorno a casa: non basta cambiare scenario per dimenticare ciò che ci ha insegnato e vedere in prima persona le condizioni di difficoltà in cui vivono molti popoli non ci ha lasciati indifferenti.

È stata un’occasione per vivere il Vangelo, per sperimentare che per essere veramente felici basta davvero poco, che da soli è impossibile e che ci ha ricordato ancora una volta che “nessuno è così povero da non poter dare nulla e nessuno è così ricco da non aver bisogno di ricevere”.

Ora inizia per noi una nuova Missione: tra le mura di casa, in università, sul posto di lavoro, il sabato pomeriggio in giro con gli amici e in qualsiasi posto siamo chiamati a vivere il presente.

Partire è una grazia, è ritrovarsi; ti cambia, ti fa crescere, ti rende una persona migliore e consapevole, senza aspettarti nulla in cambio, ma è solo vivendo un’esperienza come questa sulla propria pelle che lo si può affermare con certezza, perciò tu cosa aspetti? Courage!

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