Notizie

VISITA PASTORALE

"Il Bambino benedica la nostra città"

L'omelia del vescovo Marco nella messa della vigilia di Natale

DI MARCO BUSCA

30 Dicembre 2023

Lezionario biblico: Is 9,1-3.5-6; Sal 95; Tt 2,11-14; Lc 2,1-14

Vogliamo un Natale vero e perciò cristiano. Non trovo nulla di sbagliato nelle tradizionali gioie di famiglia, nei segni della festa. Non ci può bastare, però, un Natale ridotto a un ritorno alla fanciullezza personale o sociale (la poesia, la magia del Natale). È necessario che un cristiano provi disagio e persino “scandalo” davanti a certe rappresentazioni natalizie che dissacrano il mistero. Colui che nasce è ben più di un bambinello grazioso che sorride (o, per chi preferisce una spiritualità dolorosa, che piange) sulla paglia. La liturgia annuncia la nuda fede che il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi (Gv 1,14).

La grande storia neppure se ne accorge e continua a scorrere coi riflettori puntati sui grandi nomi, quelli dell’imperatore Augusto e del governatore Quirinio, e sui fatti di cronaca altisonanti. In un punto irrilevante e marginale della Palestina, estraneo a quelli che presumevano di controllare la regia della storia, Dio ne sta portando avanti un’altra, una storia a rovescio rispetto a quella dei potenti che coinvolge un’umanità che non chiamerei più sfortunata, ma meno illusa, che non sopprime gli elementi drammatici dell’esistenza. 

L’ottimismo cristiano non nega gli elementi della disperazione. La speranza del Natale non autorizza risposte comode. Ci impone di cercare e trovare Cristo in questo nostro tempo (in quello che accade) e nel nostro mondo così com’è, e non come potrebbe essere o come vorremmo fosse anche alla luce del messaggio evangelico della pace, della giustizia, dell’equità, della fratellanza. Che però non si realizzano se non in minima parte o quanto meno non prevalgono. Ma questo stato di cose drammatico non è il fallimento di Dio, non cambia la verità che Cristo è presente al cuore della sua creazione e della storia e, nonostante tutte le spinte contrarie, non viene meno al suo disegno. Quel che è incerto non è la presenza di Cristo quanto la prontezza della nostra fede ad accoglierlo. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto (Gv 1,11). 

Cristo è venuto come segno di contraddizione, di salvezza per gli uni e di rovina per gli altri. La nascita di Dio nella carne non funziona come la bacchetta magica che d’un colpo mette a posto i pezzi rotti; anzi provoca l’ora della crisi perché diventa tristemente evidente il male del mondo e sono svelati i pensieri di molti cuori. La sua nascita ha posto l’inizio del nuovo mondo e ha decretato la fine del vecchio mondo corrotto. Lo ricorda san Paolo a Tito: “È apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà nell’attesa della beata speranza”. 

Ma il mondo ostile a Dio tarda a morire e scatena potenze divisive. Il corpo dell’umanità, che dovrebbe essere il corpo dell’amore di Dio, è lacerato dall’odio. La famiglia umana che dovrebbe essere una cosa sola nell’amore è divisa in milioni di ostilità frenetiche e assassine. Non è questione solo di responsabilità etiche gravissime che pesano sugli attori delle atrocità inaudite che insanguinano i nostri tempi. I cristiani sanno che in tutto ciò è all’opera il mistero dell’iniquità, un’ostilità aperta alla volontà di Dio da parte delle forze avverse al Regno che consiste nel fare a pezzi l’umanità che invece, nel piano di Dio, è già un unico corpo nel Cristo.

La fede ci conferma che, al cuore di queste tensioni conflittuali tra la luce e le tenebre, noi partecipiamo dell’atto redentore di Gesù e della sua vittoria: “Cristo ha dato sé stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone”. Nell’incarnazione c’è già la promessa del nostro riscatto realizzato grazie al sangue sparso da Cristo sulla Croce. 

Stiamo celebrando la Messa dell’incarnazione nella Basilica di sant’Andrea che è un po’ il cuore carismatico della nostra Diocesi. Qui è custodita una delle più importanti Reliquie della cristianità: il Preziosissimo Sangue uscito dal costato di Cristo dopo essere stato trafitto sulla croce dal soldato romano Longino. 

La Reliquia è il segno della vera incarnazione del Figlio di Dio che ha ricevuto da Maria santissima la carne e il sangue. Quel corpo intessuto nel grembo verginale della ragazza di Nazareth è stato lacerato sulla Croce. 

Il sangue di Gesù caduto dalla croce è penetrato capillarmente nei pori della terra come in un calice che lo ha accolto in sé, la materia cosmica ne è rimasta intrisa e consacrata per sempre. Da allora in poi la terra conserva in sé l’immenso potenziale di forza redentrice della Croce. Ogni goccia di sangue umano innocente versato a terra si mescola al sangue redentore del Figlio di Dio. 

Un po’ del terriccio del Calvario inumidito dal sangue prezioso di Gesù è stato portato, per vie provvidenziali, in terra mantovana ed è custodito con venerazione dalla nostra Chiesa. I fedeli mantovani hanno il privilegio di accostarsi alla Reliquia del “sangue dell’aspersione dalla voce più eloquente di quello di Abele (Eb 12,24).

Riveste un significato del tutto particolare per noi celebrare la liturgia dell’incarnazione in questa basilica del Preziosissimo Sangue. Comunicheremo al corpo eucaristico che è quello stesso del Gesù della storia trasfigurato nel Cristo risorto. È il corpo del bambino del presepe, il corpo sofferente della passione, il corpo trafitto sulla croce, il corpo risorto e glorificato. E questo corpo del Cristo comprende in sé tutta l’umanità e tutto l’universo. 

In questa Messa della Notte giunge a compimento la mia visita pastorale alla città e all’intera Diocesi. Versiamo insieme nel Calice del Signore tanti motivi di lode e benedizione per un’esperienza significativa di comunione e missione durata più di due anni e mezzo. Il segno più completo della comunione – come ci ricorda il Concilio Vaticano II – è l’Eucaristia presieduta dal vescovo principalmente nella chiesa cattedrale, in cui si realizza una speciale manifestazione dell’unità della Chiesa locale nella partecipazione piena e attiva di tutto il popolo santo di Dio alla medesima preghiera, al medesimo altare cui presiede il vescovo circondato dai suoi sacerdoti e ministri (cfr. Sacrosanctum Concilium n. 41). 

Concludendo la visita pastorale nelle varie Unità pastorali della diocesi ho lasciato in dono a ciascuna di esse un frammento del panno che ha avvolto in passato i Sacri Vasi, chiamato Gossipio, come segno dell’unità di tutte le comunità con la Chiesa diocesana e il suo centro spirituale legato a Sant’Andrea e alla spiritualità della redenzione nel Sangue di Gesù.  

Sono certo di non far alcun torto ai cristiani della città se non lascio in dono il Gossipio perché voi avete il privilegio di custodire la Reliquia stessa che – un po’ come una raggiera – irradia la sua grazia salvifica dalla basilica di Sant’Andrea verso le singole comunità parrocchiali cittadine. Vi invito a fare in modo che questo privilegio si trasformi in una missione consapevole per la diffusione del culto del Preziosissimo Sangue nella città, nella nostra diocesi e nel mondo. È custodito in questa basilica un potenziale spirituale e di evangelizzazione in buona parte ancora inespresso che ci chiede un risveglio di interesse e di impegno, recentemente manifestato anche dalle istituzioni pubbliche intenzionate a collaborare per sviluppare i pellegrinaggi e il turismo religioso. È in corso anche un’azione di rinnovamento della Compagnia del Preziossisimo Sangue. Lancio un appello specie ai cristiani giovani e giovani adulti della città ad entrare in contatto con la Compagnia per conoscere il suo carisma e la sua azione di servizio, nell’eventualità di aderire alla sua missione spirituale e prendervi parte attivamente.   

Abbiamo iniziato la visita pastorale alla città nella Solennità dell’Incoronata alcune settimane fa. Al termine della liturgia ho invitato tutti a chiudere ogni giornata – da allora fino a questa santa notte natalizia – tracciando una benedizione sulla città. La liturgia di questa notte terminerà al Portale della basilica dove mi recherò con alcuni rappresentanti della comunità per impartire la solenne benedizione di Natale sulla città con il segno di Gesù Bambino, una statua lignea giunta i giorni scorsi dalla Terra Santa grazie ai frati di San Francesco.

Affacciandoci sullo spazio pubblico desideriamo che l’annuncio raggiunga davvero tutti gli abitanti della città. Apponiamo così il sigillo su un tempo di visita che è stato un susseguirsi di benedizioni.  

Mi accompagneranno per la benedizione una coppia di genitori in attesa di un bimbo. Saranno loro a portare la statua di Gesù Bambino verso la città perché le famiglie rappresentano il suo futuro, la sua risorsa migliore. In queste settimane ho incontrato le famiglie dei ragazzi cresimandi e dei bimbi della prima comunione, i papà e le mamme della scuola dell’infanzia. In queste occasioni ho ricordato ai genitori che sono i primi sacerdoti delle loro case e possiedono una speciale grazia da trasmettere ai figli col semplice gesto di benedirli. 

Mi accompagnerà un giovane rappresentante della sua generazione che è chiamata a sfide enormi: soprattutto a loro sarà chiesto di elaborare i paradigmi nuovi del futuro. Rispetto ai giovani, dovremmo essere una società più genitoriale. È raccapricciante lo spettacolo di adulti e anziani attaccati ai loro ruoli per riceverne rassicurazioni di importanza, potere, valore, quando invece la vera maturità e la grandezza dell’adulto è porsi al servizio dei più giovani, fare passi indietro, mettersi al fianco, dare fiducia, fare da supporto, stimolare, anche correggere con sapienza, accettando di apprendere dalle visioni e dalle critiche dei più giovani. 

Al rientro sarà un anziano a portare la statua di Gesù nuovamente verso l’interno della Chiesa. Un movimento simbolico tipico della parabola della vita che realizza nel tempo la sua missione e nella fase avanzata riporta tutto verso il centro e il destino ultimo che è il Signore. 

La benedizione accarezzi i soli, gli anziani, i tribolati, chi nemmeno immagina l’esistenza di un Dio attento agli uomini che si china su di lui. 

Il sogno del Signore sui cristiani della città di Mantova è che formino un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone, unito nella preghiera e nella comune missione sul territorio. Lasciamoci plasmare dalle mani sante del Bambino inviato da Dio. Nelle mani del Principe di Pace potremo diventare creature pacificate e pacificatrici. Nelle mani del Santo di Dio potremo venire nuovamente impastati non solo con la polvere dell’umanità, ma con il soffio dello Spirito. 

Gesù Bambino trasformi ciascuno di voi in una donna e un uomo di benedizione per la nostra città.  

Condividi: