Quito - Ecuador
"Fraternità per sanare il mondo" il titolo della 53^ edizione
09 Settembre 2024
Dall'8 al 15 settembre si svolge a Quito, in Ecuador, il 53° Congresso Eucaristico internazionale.
Il vescovo Marco parteciperà in veste di presidente della Commissione Episcopale della Liturgia della CEI, insieme ad alcuni presbiteri , religiosi e laici che compongono la delegazione italiana.
In questa intervista il vescovo ci spiega cos'è il Congresso e come si svolgerà.
Per dare una risposta precisa e sintetica basterebbe dire che è una “statio orbis”, ovvero una sosta che concentra l’attenzione della Chiesa cattolica di tutto il mondo sul mistero dell’Eucaristia. Riprendendo l’antico uso romano della “statio Urbis”, la prospettiva si dilata ancor più per abbracciare tutte le Chiese sparse sulla terra. Una Chiesa locale – in questo caso la Chiesa ecuadoregna – invita le altre Chiese locali di tutto il mondo a sospendere ogni altra attività e fissarsi unicamente sulla centralità del dono per eccellenza di Gesù. La vita della Chiesa è generata dal corpo spezzato che il Signore ci dona come cibo di vita eterna, pane del Regno che si fa pane quotidiano e pane di fraternità e riconciliazione per sfamare questo mondo risanandolo dalle tante ferite procurate dall’inimicizia, dalle divisioni, dalle ingiustizie, dalla frammentazione.
Più ragioni hanno condotto a questa scelta. A livello simbolico è di grande rilievo il fatto che la città di Quito, situata a latitudine zero, sorge sulla “metà del mondo”. Questa caratteristica geofisica si sposa bene col progetto spirituale di costruire nei giorni del Congresso una immensa tenda eucaristica dove i cattolici disseminati sulla terra sono invitati a convenire e “sognare in grande” la fraternità universale.
Siamo verso la metà del XIX secolo quando nei Paesi europei, soprattutto in Francia, esplode una straordinaria fioritura di interesse attorno al culto dell’Eucaristia. Inizialmente si è trattato della reazione ad alcune correnti rigoriste (come il giansenismo) e ai radicali mutamenti sociali e politici che spingevano per laicizzare la società. Il culto eucaristico venne così promosso nell’intento di difendere il cuore cristiano dell’Europa, con un atto di adorazione e riparazione verso il Signore Gesù Cristo, Re dell’universo nascosto sotto i veli del Sacramento.
Poco dopo il 1870, nasce l’idea dell’Opera dei Congressi eucaristici per iniziativa di una laica, Émilie-Marie Tamisier (1834-1910) incoraggiata da esponenti del clero francofono. L’intento era quello di diffondere il culto eucaristico tramite alcune manifestazioni solenni che lo rendessero fruibile alle masse popolari e al contempo offrissero ai cattolici la coscienza del loro numero e della loro forza nella società. Si cominciò con l’organizzare dei pellegrinaggi ai santuari che conservavano la memoria dei miracoli eucaristici. Via via, si impose il carattere internazionale dei Congressi con anche l’obiettivo di restaurare attorno al mistero eucaristico l’unità cattolica pur nella diversità dei riti. Anche Giuseppe Sarto, già vescovo di Mantova, eletto papa Pio X diede un impulso notevole ai Congressi, tanto da meritarsi il titolo di “papa dell’Eucaristia”. Fu lui a favorire il recupero della “partecipazione attiva” dei fedeli ai riti, rimarcando il rapporto essenziale tra Chiesa ed Eucaristia. Nel tempo andò sfumando il carattere apologetico dei Congressi come rivendicazione cattolica contro gli stati “laici” a vantaggio di una testimonianza positiva e propositiva della fede cristiana. I temi dei Congressi eucaristici divennero sempre più sensibili al dialogo con il mondo, le sue attese e i suoi problemi, offrendo un contributo all’evoluzione dei popoli a partire dall’Eucaristia.
Ogni quattro anni circa si è celebrato un congresso scegliendo sedi rappresentative dei vari continenti (Nairobi, Seoul, Siviglia, Roma, Guadalajara, Québec, Filippine solo per citarne alcune) e approfondendo il mistero eucaristico alla luce di alcune sfide attuali rispetto ai valori universali della famiglia, della pace e della libertà insieme con la necessità della nuova evangelizzazione.
Per la prima volta la Chiesa italiana è rappresentata non solo da vescovi e/o sacerdoti, ma anche da laici. Abbiamo voluto una delegazione più “ecclesiale” composta dal vescovo di Mantova in veste di presidente della Commissione Episcopale della Liturgia, dal vescovo di Matera-Irsina e Tricarico mons. Pino Caiazzo pure membro della Commissione Episcopale, da don Alberto Giardina in qualità di direttore dell’Ufficio Liturgico Nazionale della CEI, da suor Mariagrazia della congregazione delle Suore Adoratrici che vive a Cremona ed opera nei servizi Caritas della Diocesi e, infine, da Marco Cattazzo, un giovane della diocesi di Milano che ha attivamente partecipato all’iniziativa sinodale promossa dalle diocesi lombarde Giovani&Vescovi per l’ambito “Giovani e Riti”. Ai cinque delegati “ufficiali” si uniscono una ventina di persone provenienti sia dal Nord che dal Sud dell’Italia, così che la nostra sarà la delegazione più numerosa.
Sono previsti momenti di ascolto di catechesi e testimonianze sui vari aspetti della fraternità (familiare, sinodale, cosmica, politica) sempre riletti in chiave eucaristica e in riferimento alla centralità di Cristo, cuore del mondo. A caratterizzare le giornate sarà soprattutto l’esperienza di celebrare insieme l’Eucaristia rappresentando popolazioni cristiane di tutto il mondo, e di farlo soprattutto con i cristiani ecuadoregni che caratterizzeranno le liturgie con i loro stili celebrativi “tipici”, intrisi di processioni, canti, colori, danze. Non mancheranno occasioni di scambio, festa e convivialità. Giovedì 12 settembre nel centro storico di Quito si celebrerà l’Eucaristia per gruppi linguistici, agli italiani è stata assegnata la Chiesa dei Gesuiti. Un momento importante sarà la processione eucaristica nel cuore della città per testimoniare la dimensione pubblica della fede del popolo di Dio che alla sequela di Gesù vuole offrirsi come cibo per nutrire il mondo affamato di fratellanza e guarigione.
Responsabilità e gratitudine sono due sentimenti che ho nel cuore. Gratitudine per la possibilità di condividere un’esperienza di cattolicità. Il grande albero della Chiesa di Dio ha radici ovunque ed entrare in contatto con le sue ricche espressioni di fede e di preghiera allarga la mente e nutre speranze per il futuro della Chiesa. Gratitudine anche per i tanti missionari italiani che hanno evangelizzato le terre del “nuovo mondo”, tra i quali diversi mantovani, non da ultimi padre Bruno Strazieri, che vive nel vicariato di Esmeraldas, e padre Claudio Bernardi di Asola. Spero che riusciremo a incontrarci in qualche momento.
Responsabilità perché l’Eucaristia è lievito di fraternità e custodisce la bontà e la fragranza dell’amore divino, ma è altresì veleno per l’ingiustizia e l’inimicizia e, proprio per questo - come diceva Giuseppe Dossetti - “l’Eucaristia uccide chi vi partecipa”. Essa dà la vita di Dio, ma attraverso la morte ad ogni forma di egoismo e ingiustizia. La profezia evangelica spinge a destrutturare le impostazioni inique e a riconvertire la materia, le relazioni, i progetti culturali ed economici assumendo come paradigma l’Eucaristia coi suoi “verbi propri”: spezzare, offrire, distribuire, mangiare. Una riconfigurazione eucaristica del mondo non è altra cosa rispetto al sogno della fratellanza universale.
La speranza fondamentale è che il mondo torni ad essere più umano. Le strategie mondane sono miopi e deboli nel tracciare equilibri di compromesso. Far cadere le armi è solo il primo passo. Spegnere i motori della guerra non significa ancora aver realizzato il miracolo di trasformare il nemico in fratello. Questo è un autentico “miracolo eucaristico”. Solo il fermento della comunione divina immesso nella pasta della nostra umanità lacerata riesce a trasformarci da aggressori a responsabili di guarire le ferite impresse sul volto dell’avversario.
La speranza ha l’indirizzo dell’altare perché lì l’Agnello sgozzato continua a versare il suo sangue, e non solo; il calice della Messa raccoglie tutto il nostro sangue perché unito al sangue di Cristo sia la nostra adorazione pura al Dio vivente e insieme la nostra offerta migliore non solo per la nostra salvezza, ma per la vita del mondo. Può attingere a quella coppa solo chi porta o riceve le stigmate del Cristo. Sui nostri altari si offre il corpo e il sangue di Cristo con calici puri, ma nessuna Messa è completa se in quella coppa che tutto raccoglie – il cosmo, i popoli, ogni vivente – non trovano spazio tutti i frammenti di terra insanguinata.
I popoli feriti dalla furia delle guerre e tormentati dall’odio sono davvero tanti. La voce del sangue di Abele grida più che mai dal suolo della Terra Santa e da tutte le altre zolle del pianeta insanguinate. Ritrovarci come cattolici del mondo in questa “statio orbis” è un’occasione per togliere i silenziatori mondani che vorrebbero zittire il gemito dei poveri e della madre terra, un evento sinodale su scala mondiale per ribadire a voce alta i messaggi centrali contenuti nella Laudato sì e nella Fratelli tutti di Papa Francesco.
Il Congresso di Quito non si pone come evento celebrativo isolato, ma come strumento per rendere più consapevoli le Chiese locali di cosa significa “partecipare” attivamente all’Eucaristia che si celebra nei tempi ordinari delle nostre comunità. Ad ogni Messa la Chiesa, come Sposa dell’Agnello sgozzato, si espone alle trafitture della storia per proteggere il privilegio dei poveri e dei piccoli, eletti del Signore e nostri fratelli. Auguro a tutti i cattolici della nostra Diocesi un buon anno pastorale che dedicheremo alla formazione liturgica accompagnati dalla grazia del Giubileo della Speranza nel sangue di Cristo. A Quito porto con me i cammini della nostra Chiesa. Sono certo che le preghiere dei mantovani mi accompagnano.