territorio e comunità
Prendersi cura dei cittadini e della loro qualità di vita è un compito sia della Chiesa sia delle realtà territoriali del mondo laico. Intervista ai responsabili di ATS Val Padana
04 Novembre 2025
Non siamo certamente gli unici, come Chiesa, ad occuparci del bene delle persone. Sono tante le realtà del mondo laico che hanno come missione proprio quella di prendersi cura dei cittadini e della loro qualità di vita. Con questa consapevolezza abbiamo bussato alle porte di ATS Val Padana, che ha gentilmente offerto spazio e tempo alle nostre domande, aprendo interessanti spunti di riflessione.
I cittadini della provincia di Mantova vivono in un territorio caratterizzato da una popolazione prevalentemente anziana, con una buona speranza di vita, caratterizzandosi però per la presenza piuttosto elevata di patologie croniche. Il sistema sanitario territoriale offre buone performance in molte aree di cura e di presa in carico, ma per onestà intellettuale va riconosciuto che è necessario mettere in campo azioni di miglioramento nell’area della prevenzione, della gestione delle cronicità e della dotazione di risorse specialistiche. L’ambiente e la qualità dei servizi sono generalmente buoni.
Alcuni dati possono aiutare a fotografare con un po' più di precisione le mie dichiarazioni.
La popolazione totale mantovana vede 157.522 residenti nel distretto mantovano, 110.161 nell’alto mantovano e 93.384 nel basso Mantovano, per un totale provincia di circa 361.000 abitanti.
L’indice di vecchiaia è molto elevato, soprattutto nel Basso Mantovano, con una percentuale di over 65 che supera il 25% in diversi distretti, ma di contro abbiamo una natalità molto bassa, con un indice di tra 5,7 e 6,9 nati ogni 1.000 abitanti.
I dati invece che fotografano lo stato di salute indicano che la speranza di vita (dato 2023) si assesta a 81,2 anni per gli uomini e 85,1 per le donne, leggermente sotto la media lombarda ma sopra quella italiana; per quanto riguarda invece i decessi, sempre dato 2023, la causa principale di morte sono le malattie cardiovascolari, seguite dai tumori maligni. Poi abbiamo la cronicità: il 43% dei residenti nel Basso Mantovano è assistito cronico, con una prevalenza che cresce con l’età, e le patologie croniche più diffuse sono cardiovascolari, ipertensione, diabete, broncopatie e neoplasie.
Per rispondere quindi alla domanda, dal punto di vista di ATS Val Padana diremmo che in linea generale i mantovani stanno abbastanza bene, ma la salute pubblica resta una sfida importante, soprattutto per la popolazione più anziana e fragile, quindi è necessario tendere sempre verso obiettivi di miglioramento continuo. Tra le azioni che sono costantemente sotto monitoraggio e che stanno vedendo notevoli sforzi a partire da Regione Lombardia e ASST Mantova, con la quale la collaborazione è intensa e costante, ci sono ovviamente quelle volte all’abbattimento delle liste d’attesa che, senza voler eludere il tema, abbiamo la consapevolezza essere un terreno particolarmente sensibile e con diverse criticità dipendenti da una pluralità di fattori.
Dovremmo partire dall’assunto che la salute è il risultato di molte dimensioni intrecciate e non separabili, e in questa direzione la Chiesa può fare molto per supportare la salute delle persone. Ad esempio, la Chiesa può continuare a testimoniare e promuovere una visione della persona che non si riduce alla sola dimensione biologica, ma valorizza anche quella spirituale, relazionale e sociale; questo è particolarmente importante in un territorio dove la popolazione è anziana e spesso fragile, e dove la solitudine e la cronicità sono diffuse. Inoltre, abbiamo evidenze che dimostrano come la qualità della vita e della salute sia migliore dove esistono reti di supporto sociali e istituzionali; la Chiesa può in questo senso rafforzare tali reti attraverso il volontariato, l’ascolto, la vicinanza alle persone sole, malate o in difficoltà, collaborando con le istituzioni sanitarie, sociosanitarie e sociali. La Chiesa può offrire spazi di formazione, ascolto e accompagnamento, promuovendo la responsabilità personale e comunitaria verso la salute integrale. Il benessere della popolazione è frutto di una corresponsabilità tra istituzioni, famiglie, comunità e Chiesa; la collaborazione quindi tra Chiesa e servizi sanitari, sociosanitari e sociali può essere rafforzata per rispondere meglio ai bisogni complessi delle persone.
Gli oratori rappresentano importanti riferimenti educativi e aggregativi che favoriscono la crescita e il benessere dei giovani e delle loro famiglie; per i preadolescenti e gli adolescenti propongono attività che consentono di sperimentarsi nelle relazioni, sviluppare competenze partiche e sociali per favorire il processo di costruzione dell’identità e dell’autonomia. L’oratorio è parte fondamentale della “comunità educante” che ha il compito di accompagnare e sostenere i ragazzi nella crescita, in un periodo storico nel quale bisogni e segnali di disagio appaiono più complessi.
In seguito alla pandemia è emerso infatti un aumento delle manifestazioni di disagio nei giovani espresse attraverso forme di ritiro sociale o con “attacchi al corpo” come disturbi alimentari, autolesionismo, episodi di violenza, atti vandalici, bullismo e cyberbullismo, uso di alcol con “abbuffate” (binge drinking) nel fine settimana e uso di sostanze.
I Servizi specialistici ambulatoriali territoriali, SERD e SMI, evidenziano anche nuove forme di dipendenze comportamentali come gioco d’azzardo online e dipendenze tecnologiche in particolare da internet. Dal 2024 ATS ha istituto la Rete Diffusa delle Dipendenze che coinvolge tutti i servizi territoriali, enti, scuole e associazioni che a vario titolo si occupano del tema; questo organismo rappresenta l’osservatorio sul fenomeno delle dipendenze utile per programmare interventi e nuove strategie di prevenzione e contrasto, individuare luoghi non connotati per l’ascolto dei giovani, condividere nuovi strumenti di aggancio, linguaggi innovativi, educazione alla pari e l’utilizzo di moderne piattaforme online.
Nell’analisi di contesto del 2024 rileva che sul nostro territorio i giovani sino ai 24 anni rappresentano il 48% dell’utenza dei servizi ambulatoriali per le dipendenze e l’invio principale proviene dalla Prefettura, a partire dai 14 anni. Le attività di prevenzione e contrasto al disagio dei giovani, dal 2023, sono state potenziate attraverso l’attivazione del Piano disagio a favore dei minori dai 10 ai 18 anni che, su mandato di Regione, ha consentito la costituzione di una rete tra Prefettura, Ufficio scolastico territoriale, ATS, ASST, Ambiti, Enti del terzo settore e associazioni. Si tratta di una rete permanente che realizza una costante analisi di contesto e dei bisogni, programmando e attuando azioni finalizzate alla promozione del protagonismo dei ragazzi, rafforzando il loro ruolo sociale e la loro responsabilizzazione; l’obiettivo è radicare una cultura valoriale improntata al rispetto, alla legalità, al benessere psicologico e fisico, all’empowerment personale attraverso l’acquisizione di life skills e corretti stili di vita. Il Piano disagio ha inoltre creato una rete tra servizi in cui la comunità educante svolge azioni di educativa di strada, partecipazione giovanile, informazione e formazione degli insegnanti per riconoscere i segnali di disagio, attivare interventi di supporto educativo e psicologico per il minore e la sua famiglia. Il lavoro di questa rete ha portato, ad esempio, alla nascita del Tavolo delle politiche giovanili nell’ambito di Asola in cui servizi, operatori tecnici, associazioni, scuole e ragazzi, analizzano i bisogni, programmano azioni a favore dei minori e delle loro famiglie e dove gli oratori diventano luoghi privilegiati per l’aggancio e la realizzazione di tali attività.
Gli oratori devono quindi essere, dal nostro punto di vista, parte integrante delle nostre reti, perché possono contribuire a potenziare l’efficacia delle azioni proposte dai servizi territoriali intercettando i problemi, avvicinando le famiglie e proponendo loro occasioni di incontro, approfondimento e formazione.
Come dicevamo prima, le parrocchie sono spazi comunitari al servizio di famiglie e giovani con un’importante missione educativa, sociale e comunitaria. Nel nostro territorio, in attuazione agli indirizzi di programmazione regionale, abbiamo sperimentato positivamente la connessione tra gli spazi comunitari parrocchiali e i Centri per le Famiglie: nuovi servizi sociali ed educativi a supporto della famiglia in tutto l’arco della vita, dove, oltre a promuovere interventi formativi e di sensibilizzazione su tematiche legate alle trasformazioni sociali e ai bisogni emergenti, favoriscono occasioni di incontro, aggregazione, promuovono il benessere e il protagonismo delle famiglie e il loro empowerment. In alcune nostre realtà le parrocchie sono state coinvolte come partner attivi nella co-progettazione di iniziative promosse dai Centri per le famiglie, attraverso la realizzazione di percorsi a sostegno della genitorialità, di attività laboratoriali e di gruppo e sono stati individuati come Spoke territoriali con funzioni di ascolto/orientamento e accompagnamento delle famiglie.
Infine, come evidenziato dai dati demografici, dobbiamo fare i conti con il progressivo invecchiamento della propalazione che ci spinge ad individuare nuove prospettive di riforma del sistema di welfare di comunità; occorre adottare sguardi sociali nuovi in grado di individuare e valorizzare gli anziani come risorsa per la comunità. In questi ultimi anni le politiche nazionali e regionali si sono concentrate sulla promozione della qualità di vita degli anziani, favorendo lo sviluppo di piani d’azione per l’invecchiamento attivo volti a incentivare la partecipazione, lo scambio intergenerazionale, l’autonomia, la salute fisica e mentale e l’inclusione sociale della popolazione anziana. Le parrocchie possono rappresentare un luogo ideale per promuovere tali programmi, grazie al loro ruolo di aggregazione e alla rete relazionale già presente; si possono realizzare iniziative e momenti di condivisione che coinvolgono persone di diverse generazioni, in particolare giovani e anziani, per favorire la conoscenza e la comprensione reciproca, valorizzare competenze e saperi, trasmettere tradizioni che rischiano di perdersi. Coinvolgere gli anziani e i giovani delle parrocchie nei programmi di invecchiamento attivo è non solo possibile, ma anche auspicabile, in quanto valorizza risorse già presenti sul territorio, rafforza la coesione sociale il senso di comunità ed ha una ricaduta importante sul benessere e le condizioni di salute degli anziani stessi.
Se non sviluppiamo queste politiche integrate di comunità rischia di scomparire dal mondo sociale la rete di supporto alle famiglie, accrescendo timori e solitudine.