Notizie

OMELIE DEL VESCOVO

Omelia del vescovo Marco nella Messa del mercoledì delle Ceneri

Duomo di Mantova, 22 febbraio 2023

REDAZIONE

14 Febbraio 2023

[Lezionario: Gl 2,12-18; Sal 50; 2Cor 5,20-6,2; Mt 6,1-6.16-18]     

Ritornare consapevoli di sé

L’uomo non è totalmente presente a sé stesso. Nelle Confessioni di Sant’Agostino si legge: “Io stesso ero divenuto per me un grande enigma” (Libro IV,9). Anche la Bibbia parla di un “uomo nascosto nel cuore” (1Pt 3,4). L’uomo senza domande su sé stesso si nasconde a sé stesso. Precipita in un sonnambulismo che addormenta la consapevolezza di sé e la coscienza del peso che le decisioni e le azioni hanno nella storia. L’effetto dannoso di questa perdita di coscienza di sé lo riscontriamo in quel tipo di uomo, sempre più diffuso, «l’uomo di un momento» della parabola evangelica (cfr. Mt 13,21; Mc 4,17), schiacciato sull’istante, che si auto-condanna a una vita senza traiettoria, esposta a ripetute interruzioni, privata di una destinazione. All’uomo di ogni tempo che inizia a interrogarsi sull’esito di una vita effimera e apparentemente vuota, la liturgia della Chiesa risponde con il rito austero di imporci della cenere sulla testa, una risposta cruda ma che ci fa bene: “Ricordati – cioè sii consapevole – che sei polvere e polvere ritornerai”. È uno stimolo a riattivare un percorso di verità su noi stessi, a non fuggire dal nostro malessere, a guardare in faccia le nostre complicità con il male, a dare un nome agli idoli a cui abbiamo venduto il cuore.

Ritornare consapevoli di Dio

La Quaresima ci dice non solo che l’uomo si è nascosto a sé stesso, ma che per lui anche Dio è uno sconosciuto. Il sonnambulismo della coscienza è collegato alla dimenticanza di Dio, della nostra origine e del nostro fine ultimo. La prima parola che la liturgia quaresimale ci mette davanti è anch’essa ruvida ed è la Parola della Croce (1Cor 1,18). Ci siamo impegnati ad addomesticarla e persino a renderla romantica: il Dio crocifisso più che scandalo diventa il Dio vicino, a misura d’uomo, debole, tentato e angosciato come noi. La compassione divina, tuttavia, non va mai estromessa dalla consapevolezza del dramma di Dio che san Paolo ha ben chiaro: “Colui che non aveva conosciuto peccato (Gesù), Dio lo fece peccato in nostro favore”. A che scopo? Giustificarci, riscattarci dal male, riconciliarci con il Padre. La Quaresima è il tempo favorevole del risveglio della consapevolezza che noi siamo dei “redenti”, che la follia della Croce è una follia d’amore che rende pienamente presente alla coscienza dell’umanità quel Dio “misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore” annunciato a Israele e disvelato in pienezza in Gesù. Quel Dio d’amore è presente a Gesù, è Gesù, Dio fatto carne. È un Dio di amore geloso che non si rassegna ad assistere passivamente al fallimento della creazione fatta a sua immagine e poiché è fedele, si ricorda di noi e perciò interviene a nostro favore. Come? Rendendosi presente a noi nell’attesa che anche noi ci rendiamo presenti a lui, che la nostra vita riacquisisca la consapevolezza di Dio, che torniamo ad essere persone con una “sensibilità spirituale” e non solo con una personalità emozionale che subisce e reagisce ai fatti.

Il difficile ritorno

Il camino per renderci consapevoli di Dio non è lineare e scontato. Noi siamo uomini peccatori e ne abbiamo parziale coscienza quando avvertiamo i sussulti del senso di colpa per i nostri errori, il malessere causato a qualcuno, la percezione che c’è qualcosa di rotto nel nostro io profondo. Ma è ancora troppo poco rispetto al realismo del mistero della iniquità che ci avvolge. “Tutto il mondo giace nel maligno”, afferma perentoriamente san Giovanni (1Gv 5,19), e diventarne consapevoli significa avvertire che non è solo il cumulo dei nostri vizi a viziare l’aria, ma è il “peccato del mondo” (Gv 1,29b), un sistema di peccato cioè di incredulità, ribellione e ostilità a Dio, che Gesù dichiara apertamente: “hanno odiato me e il Padre mio” (Gv 15,24). Diventare sensibili alla memoria del peccato e della morte è il primo passo quaresimale che ci porta alla memoria della vittoria e risurrezione pasquale.

Dall’ipocrisia “davanti agli uomini” alla giustizia “davanti a Dio”

Allora la Parola di stasera è rivolta a tutti e a ciascuno: “Ritornate a me con tutto il cuore…Laceratevi il cuore…ritornate al Signore”. Sarebbe ingenuo immaginare che questo invito è rivolto ai grandi malfattori, agli atei. C’è un miscredente e un piccolo malfattore anche nel discepolo del Signore e proprio nei giorni della Passione avviene la crisi, la cernita del cuore del discepolo, che abbia il nome di Giuda o di Pietro, o il mio nome poco importa, siamo tutti imparentati nel peccato di Adamo. Gesù infatti sta parlando agli uomini religiosi del suo tempo quando li avverte di non praticare la “loro” giustizia davanti agli uomini. La sua parola energica vuole renderli consapevoli proprio del “davanti a chi” praticano la loro religiosità. Le espressioni del digiuno, della preghiera e dell’elemosina se nella loro autenticità sono forme di culto e di condivisione etica dei beni di vita, praticate davanti a Dio, per onorare la sua Legge e adorare la sua sovranità, possono essere tradite dall’ipocrisia. L’ipocrita era il protagonista mascherato che nel teatro greco assumeva il ruolo di capo-coro. Ora, chi pratica azioni religiose per essere visto e ammirato dagli uomini finisce per nascondersi a sé stesso e sottrarsi dalla presenza di Dio. L’alternativa è chiara: o fare gesti religiosi per essere visti e ricevere la ricompensa dell’ammirazione della gente, oppure pregare, digiunare, fare elemosina in segreto, a porte chiuse, senza suonare trombe, e ricevere la ricompensa più alta: la consapevolezza di essere davanti al Padre, presenti alla sua presenza, che ci vede nel segreto e ci benedice.

“Esercizi spirituali” di Quaresima

I quaranta giorni che abbiamo davanti sono il tempo della salvezza. Quaranta è il tempo necessario a Dio per far riuscire un suo progetto. L’obiettivo è il risveglio della duplice consapevolezza: di noi stessi e di Dio. Abbiamo bisogno di riattivare la capacità di interiorità (cioè di “vivere dentro”) e la sensibilità per la presenza di Dio nella nostra vita. Non bastano buone intenzioni e propositi di un momento, occorre una pratica, persino una disciplina. Dobbiamo accettare di fare degli esercizi dello spirito. La tradizione cristiana ha un patrimonio immenso in merito. È sconcertante, almeno per me, sentire che molti cattolici hanno cercato cammini di interiorità, di meditazione, di spiritualità fuori dalla Chiesa perché, dicono, di non aver trovato al suo interno una proposta spirituale o persino pensavano che questo non appartenesse alla sua missione più incline ai temi culturali e sociali.

Richiamo alcuni di questi esercizi.

1) Si tratta di riformulare il pensiero, di agire sulla mentalità. La parola conversione (in greco metanoia) allude a un rivolgimento del pensiero perché si è portati ad “andare oltre”, a vedere più in là, oltre i pensieri abituali che rischiano di ripetere sé stessi. Lo strumento per rieducare il pensiero è la lettura spirituale, anzitutto del Vangelo, ma anche di testi di autori spirituali sicuri. Ogni giorno bisogna nutrire la mente (che è una consumatrice vorace di idee) di parole vere, oltre lo scontato, la banalità, l’informazione superficiale, i luoghi comuni. Riattivare l’attenzione, la riflessione, l’introspezione meditativa non è solo una premessa alla preghiera, è già preghiera.

2) La rieducazione del corpo avviene attraverso il digiuno alimentare a cui è connesso anche il digiuno dei sensi e della immaginazione. È sapiente fare un patto con i nostri occhi, con la bocca, con le orecchie: la libertà non consiste nel concederci di vedere tutto, sapere tutto, provare tutto, divorare tutto. Davvero libero è colui che sa scegliere e con criterio. Si tratta di correggere, a prezzo della fatica, abitudini dannose che espongono a eccessi, compromettono la salute e favoriscono stili di vita passivi, alimentando svogliatezza, pigrizia, dispersione di energie, avidità egoistica. Il tempo di Quaresima ci sollecita a non chiudere la mano davanti al fratello bisognoso ma a condividere, offrire, prestare quanto occorre alle necessità in cui si trova (cfr. Dt 15,7-8).

3) La dispersione riguarda anche l’utilizzo del tempo. Occorre reagire e correggere l’eccesso di velocità, l’inclinazione a non staccare mai da alcune attività (professionali), la dipendenza dai più potenti ladri di tempo moderni che sono i cellulari, che sottraggono tempo alle persone, alle relazioni, ad altre attività e interessi che ci aiuterebbero a sviluppare meglio la nostra personalità. Lo strumento che ci può aiutare a rimediare alla disorganizzazione del tempo è l’esame serale, una sorta di “supervisione” della giornata accompagnata dal tutor per eccellenza che è la nostra coscienza illuminata dalla parola di Dio.

Condividere i percorsi comunitari

Questo programma quaresimale di ripresa di consapevolezza di chi siamo e davanti a chi siamo risulterà più efficace se non lo facciamo da soli, ma in contesti e percorsi comunitari, a partire dalle nostre famiglie, se in casa riusciamo a condividere qualche semplice segno quaresimale (il segno di croce prima dei pasti, la condivisione di un’azione di carità per i poveri, scelte di digiuno e sobrietà). Le comunità cristiane fanno delle proposte e alcuni gruppi condividono percorsi prolungati e appuntamenti di formazione e preghiera con la Parola di Dio. Anche qui in Duomo nella pausa-pranzo del venerdì proponiamo un percorso di liberazione dai vizi. “Radunate il popolo, convocate una riunione sacra”, dice il profeta Gioele e vogliamo aderire a questi cammini penitenziali che facciamo come Chiesa nella consapevolezza di partecipare con la nostra compassione collettiva al lamento dell’umanità totale, di versare lacrime di pentimento per i grandi mali che affliggono la terra e i popoli più esposti alla violenza, alla fame, alla precarietà di cure mediche.

La ginnastica di rigenerazione dello spirito ci prende un tempo lungo quaranta giorni. Nessun cambiamento avviene in modo automatico. Occorre ripetere l’esercizio più volte, con costanza e fedeltà a un programma quotidiano praticabile che ciascuno è chiamato a individuare e seguire. Il tragitto della Quaresima potrà condurci ad acquisire una lettura più consapevole di dove è oggi la nostra vita, andare alle radici del peccato, maturare un pentimento sano (oltre i sensi di colpa e i rimorsi), attivare percorsi di riavvicinamento e rappacificazione con le persone, e soprattutto desiderare il perdono di Dio e orientarci a celebrarlo in maniera più consapevole nel sacramento della riconciliazione nella Settimana santa, non perché a Pasqua ci si confessa, ma nella consapevolezza di voler “fare Pasqua”, passare alla vita risorta insieme a Gesù. Consapevoli di noi, consapevoli di Dio.        

Condividi: