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Habemus papam

Papa Leone: un collegamento universale

Il commento del vescovo Marco sull'elezione del nuovo Pontefice

Marco Busca

09 Maggio 2025

Piazza San Pietro è stata il centro del mondo per parecchi giorni. Questo fatto dice qualcosa della vocazione universale del cattolicesimo, vissuta a vari livelli, dai più interni alla Chiesa, di cui il vescovo di Roma è principio e fondamento di unità, fino agli ambienti della più vasta Chiesa di Cristo, a quelli delle grandi religioni e ancora delle istituzioni planetarie che si riconoscono nell’impegno per la casa comune. Sappiamo che tutti questi livelli sono, misteriosamente, tenuti in unità nel Regno di Dio che tutto include e tutto supera.

Finalmente, giovedì sera, il colonnato del Bernini ha potuto accogliere il primo abbraccio al mondo del nuovo Papa tra le grida di entusiasmo, gli evviva, i silenzi. Il mondo sente un legame particolare con questa figura simbolica e ciascuno cerca i “suoi” collegamenti. A poche ore dall’elezione ho ricevuto alcuni messaggi “mantovani” che andavano proprio in questa direzione, a partire da alcune parole dette o dalla scelta del nome.

C’è chi ha colto al volo in quel passaggio “Pertanto senza paura, uniti mano nella mano con Dio e tra di noi, andiamo avanti” l’assonanza con un appunto di Vittorina Gementi mentre pensava alla sua vita condivisa con i bambini cerebropatici e con i loro genitori: “Mano nella mano percorriamo la strada che porta alla vita semplice, serena, vera, perché ricca di amore donato e di amore ricevuto”.

C’è stato chi, appassionato di storia locale, ha costruito i suoi collegamenti a partire dal nome scelto: “Nel Mantovano Leone I fermò Attila; Leone III ha riconosciuto le reliquie del Preziosissimo Sangue; Leone IX ha venerato il Preziosissimo con l’imperatore Enrico II; Leone X ha concesso il culto della Beata Osanna Andreasi. In più abbiamo il beato Giovanni Bono che è uno dei fondatori dell’Ordine agostiniano”.

Ecco: papa Leone ci terrà tutti collegati. Fin dalla scelta del suo motto episcopale “In Illo uno unum” (nell’unico Cristo siamo uno), parole tratte da un sermone di sant’Agostino, si delinea una volontà di essere al servizio dell’unità.

Nelle sue prime parole papa Leone si è presentato come un figlio di sant’Agostino, citando il famoso adagio “Con voi sono cristiano, per voi sono vescovo” che il nuovo Papa ha abbinato al camminare insieme, uomini e donne discepoli del Signore, in una Chiesa sinodale e missionaria. La sua stessa vicenda biografica parla di una pluriappartenenza al continente americano: al Nord in cui è nato da genitori con ascendenze europee, e al Sud in cui ha operato prima come missionario e poi come vescovo.

La scelta del nome, che immagino il Papa stesso illustrerà, richiama la sintesi dell’anima di due pontefici: Leone Magno, il dottore della Chiesa che con profondità teologica ha sondato la divinità e l’umanità di Cristo, e Leone XIII, il papa della Rerum Novarum e della difesa dei diritti dei lavoratori nei tempi critici della rivoluzione industriale.

Molte parole sono state spese in ordine alla continuità o meno con il pontificato di Francesco. Dalle prime battute si è colta l’ansia per la pace nel mondo e per i ponti del dialogo, argomenti tanto cari al predecessore, detti con uno stile e una forma “originali”, specie per quello spiccato accento kerigmatico nell’annunciare che la pace è il dono pasquale del Risorto. Così pure si è avvertita la convinzione della sua voce (rafforzata) nel dire che Dio ci ama tutti e che Cristo ci precede perché il mondo ha bisogno della sua luce. Compostezza e lucidità (come lascia immaginare la scelta di farsi degli appunti scritti) insieme a mitezza e approfondimento di altre parole improvvisate, uscite spontanee dal cuore di Leone, che pare essere un cuore mite e rassicurante.

Abbiamo potuto, un’altra volta, toccare con mano come i pronostici umani lasciano il tempo che trovano, prima del Conclave e, immagino, per certi aspetti anche dopo. Ora penso a lui, a papa Leone XIV. Si apre una stagione nuova della sua vita, un passaggio vertiginoso a una responsabilità su scala mondiale. Tanto peso potrebbe atterrire; non scordiamo però quanto insegna la tradizione cristiana circa “la grazia di stato”: chi è chiamato da Dio a una responsabilità avrà tutto l’aiuto necessario dallo Spirito che lo assiste.

E qui arrivo anch’io a un collegamento personale con il cardinale Robert Francis Prevost. Un anno fa, precisamente il primo marzo, partecipai a Roma a un simposio sull’antropologia delle vocazioni, e Prevost, prefetto del Dicastero dei Vescovi, tenne l’omelia della Messa. Nei giorni scorsi mi sono arrivati gli Atti del convegno e, balzandomi alla mente il collegamento, subito dopo l’Habemus papam ho riletto il testo di quell’omelia. Disse in quell’occasione il nostro nuovo Papa:

«Il Signore chiama ciascuno per una missione la cui tappa definitiva solo Lui conosce, tuttavia durante la nostra vita ci svela, in maniera pedagogica, poco a poco, la tappa da compiere ogni volta. Senza toglierci le difficoltà, come non lo farà ogni volta che incontreremo autentiche croci sul cammino. Però una sola cosa è necessaria: essere sempre fedeli alla chiamata, fedeli alla nostra vocazione, e il Signore ci farà vedere prodigi nella nostra vita e in quella delle persone che incontreremo».

Parole profetiche? Il pedagogo divino plasma i cuori da remoto. Benedica la nuova tappa della Chiesa con la guida di papa Leone.

+ Marco Busca

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