FEDE E CULTURA
Presentato il libro di Giovanni Pernigotto edito da La Cittadella
REDAZIONE
19 Dicembre 2023
Lunedì 18 dicembre nell’aula magna del centro pastorale diocesano è stato presentato il libro “Processo al Male - Tre storie per un giudizio”, edito da La Cittadella, di Giovanni Pernigotto, docente di teologia morale presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose “San Francesco” di Mantova e vicedirettore della Caritas diocesana.
Lunedì 18 dicembre nell’aula magna del centro pastorale diocesano è stato presentato il libro “Processo al Male - Tre storie per un giudizio”, edito da La Cittadella, di Giovanni Pernigotto, docente di teologia morale presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose “San Francesco” di Mantova e vicedirettore della Caritas diocesana.
Perché un “processo” al male?
«Ho immaginato che fosse umanamente spontaneo prendersela con qualcuno. La domanda “di chi è la colpa” non è forse una delle frasi più diffuse, quando qualcosa va storto? Ecco, ho pensato che occorresse andare oltre, ipotizzando un luogo in cui fosse la ragione – e non la facile tendenza colpevolizzante – ad avere la meglio. Quindi un luogo in cui uno strano Imputato – il Male, appunto – fosse giudicato in nome del diritto e della giustizia. Quale luogo migliore, quindi, di un’aula di tribunale?
C’era bisogno, nell’istruire il processo, di testimoni. Ebbene, li ho ritrovati nei testi di Eric-Emmanuel Schmitt. Il drammaturgo francese è stato l’ispiratore – nemmeno tanto occulto – del processo. E i protagonisti delle tre storie da lui immaginate diventano, quindi, i testimoni che si succedono nel corso del racconto».
Non c’è il rischio di “teatralizzare” il male, di renderlo in qualche modo un argomento da salotto?
«È una domanda che mi sono posto molte volte. Mi chiedevo se, scrivendo un testo del genere, non si ricadesse in qualche modo nella tentazione evocata da Hannah Arendt, quella di banalizzare il male. In realtà, scrivere rappresenta uno dei pochi strumenti che abbiamo per svelare la verità, non solo del male, ma anche di noi stessi. Qualcuno preferisce altri modi, come la pittura, la musica, l’agire pratico. Ciascuno è chiamato a trovare la sua modalità, esprimendo la propria creatività. In questo momento mi trovo in un momento particolare, in cui ho la fortuna di insegnare e di scrivere da una parte, e dall’altra di operare in Caritas, a contatto con le situazioni di fragilità e di povertà. Aver cura della parola e aver cura dell’altro, in un equilibrio continuo tra pensiero e azione. Mi pare che sia un punto di vista privilegiato per poter dire qualcosa sul male. Anche se – in verità – sono io ad imparare molto da queste esperienze».
La Chiesa e la teologia, oggi, che ruolo hanno nei confronti del male?
«Credo che la Chiesa abbia oggi il compito di segnalare il Bene, in una società come la nostra in cui sembra più facile e scontato puntare il dito, criticare. Certo, la teologia e il pensiero in genere hanno pure un ruolo di critica, di sentinella che veglia nella notte. E però è importante sperare nell’arrivo dell’alba. Non è questo, in fondo, il senso del Vangelo, ovvero l’annuncio di una Notizia di Bene? Credo che il mondo abbia molto bisogno di questo, e la Chiesa – non da sola, ma assieme a tante altre voci umanamente significative – può ancora illuminare, indicare. A patto che lo faccia con umiltà, nello spirito di Betlemme.
Il libro rappresenta una provocazione, costringe – se glielo si permette – a interrogarsi. A prendere posizione. Magari può aprire un dibattito, sarebbe meraviglioso se succedesse».
Pernigotto ha ringraziato le tante persone che lo hanno ispirato, sostenuto e incoraggiato, in primis la sua famiglia, l’Editore e l’Istituto di Scienze Religiose che gli hanno dimostrato grande fiducia, e lo stesso Schmitt a cui ha sottoposto il testo.
Nel corso della presentazione hanno dialogato con l’autore Bruno Bettenzani, formatore, Lucia Vincenti dell'associazione Agape e Gianluca Falconi, docente di filosofia.