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CARITÀ E GIUSTIZIA

Una finestra sul mondo

Laboratorio teatrale all’interno della Casa Circondariale di Mantova

MARIA CUCURELLA

11 Dicembre 2023

Dare voce, visibilità. Esprimere un desiderio profondo di libertà, al di là delle semplici mura fisiche che separano dal mondo di fuori. Diventare attore, personaggio, per poter mostrare senza paura ciò che si vive veramente.

Il teatro ha la capacità di comunicare attraverso una forma poetica, artistica, ciò che difficilmente si comunica in un modo diretto. Insegna tanto a chi lo fa quanto a chi lo guarda. Lavorare insieme, creare insieme, coordinarsi nei tempi, nei movimenti, nelle pause, nelle parole, sono tutte azioni che implicano corresponsabilità, così come ognuno deve responsabilizzarsi nel memorizzare la propria parte e mantenere la concentrazione per non sbagliare, perché il proprio errore coinvolge tutti: i compagni di scena come anche il pubblico. Quando si recita si sa di essere visti e ascoltati da qualcun altro che c’è, dall’altra parte, e quindi si è più attenti agli errori, ad avere cura di ciò che si fa, a rispettare il proprio lavoro e quello degli altri.
Attraverso questo laboratorio teatrale magistralmente condotto da Diego de Vincenzi e Magda Mantovani (Cooperativa ZeroBeat di San Benedetto Po) sono stati i detenuti stessi, nella condivisione dei loro vissuti, a offrire i materiali per costruire ciò che doveva accadere in scena, fino a farla diventare una piccola opera teatrale, e hanno potuto dare voce alle proprie difficoltà ed emozioni, attraverso una forma bella e leggera, con grande dignità. Tutto costruito attorno a un elemento apparentemente semplice: la cyclette, che in contrapposizione alla bicicletta è un elemento statico, anche se può dare quella stessa idea di libertà, di movimento, di cambiamento, concretizzata nell’atto del pedalare. E così, partendo da questo elemento semplice, ma fortemente simbolico, gli attori cercavano l’ossigeno, “oxygène”, e un modo per trovare cura alla loro difficile malattia: la “carcerite”.
Il teatro quindi come cura attraverso la creazione di bellezza. Il teatro come un canale per dare visibilità a una realtà nascosta, silenziata ed emarginata dalla nostra società, e per fare venire fuori, come appuntava padre Vasile Andrei Mesesan, cappellano della Casa Circondariale di Mantova, le qualità delle persone coinvolte. Questo è il motivo per cui si è deciso di fare una videoregistrazione, a cura di Chiara Coppini, Roberto Pavani e Barbara Rondini, finalizzata a diventare uno strumento pastorale per l’anno prossimo, con l’aspirazione, condivisa dai detenuti, di fare arrivare la loro voce, il loro grido, che esprimono sofferenza ma anche desiderio di bene, lì dove altrimenti non sarebbero mai ascoltati.
Questa iniziativa nasce dal bisogno, tante volte segnalato da padre Andrei, di pensare anche a quello che è forse il momento più difficile per i detenuti: l’uscita, il ritrovo con il mondo di fuori, pieno di difficoltà, tentazioni e pericoli. Aiutarli ad immaginare una possibilità di cambiamento, un “dopo” che sia diverso da quel “prima” che li ha portati dentro quelle mura. 
“Una finestra sul mondo” raccoglie le parole che il vescovo Marco pronunciò in una omelia all’interno della Casa Circondariale per segnalare la stessa urgenza: accorciare le distanze tra il dentro e il fuori, e fare sì che il tempo dentro possa diventare un tempo di slancio per una vita migliore al di fuori. Un mondo, quello di fuori, che dai detenuti può essere soltanto immaginato, desiderato, come una possibilità di libertà, ma che deve conquistarsi veramente attraverso un cambiamento interno - come ha evidenziato la direttrice della Casa Circondariale alla fine dello spettacolo - perché non basta scontare la pena: il rischio di ricadere e di ritornare esiste sempre.
L’iniziativa, promossa dalla Cappellania, è stata anche voluta e sostenuta sin dal primo momento dalla Caritas diocesana, che l’ha accolta con sensibilità e generosità. 
Tra gli spettatori c’erano gli altri detenuti, così come educatori, agenti, volontari e amici, e c’erano diverse autorità che con la loro presenza hanno voluto mostrare vicinanza e prossimità ai detenuti, per farli sentire parte di una città che non vuole emarginarli, ma offrir loro delle opportunità: la direttrice della Casa Circondariale, dott.ssa Metella Romana Pasquini Peruzzi, il vescovo mons. Marco Busca, Matteo Amati direttore della Caritas, oltre al Prefetto Gerlando Iorio, il Questore Giannina Roatta, e Andrea Caprini, assessore del Comune di Mantova.
Un momento di ascolto reciproco, di attenzione e di cura, dove la comunità che esiste fuori si fa prossima per includere, perché “essere dentro” non dovrebbe essere sinonimo di essere escluso. Anzi, i detenuti sono probabilmente coloro che più di ogni altro hanno bisogno di essere visti ed ascoltati, nella loro sofferenza e nel loro dolore, per poter trasformare questa loro sofferenza e dolore in un bene per sé stessi e per gli altri. E iniziative come questa, apparentemente piccole, lo rendono possibile.

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