Santa Maria di Sala (VE), 14.08.1928 - Castel d'Azzano (VR), 16.01.2021
Missionario Comboniano
Eravamo nell’estate del 1949, con don Anselmo, assieme ad un buon gruppo di giovani dell’Azione Cattolica di Asola, siamo andati a Sailetto per tre giorni di ritiro spirituale; lo predicò don Cavagnari. Il tema? La Parabola del figlio prodigo. Mi è rimasta molto impressa la figura del figlio giovane.
A settembre sono partito per il servizio militare, tre mesi ad Avellino più otto a Belluno. Rimasi sempre legato all’A.C. anche dove mi trovavo. Il 5 agosto 1950, festa della Madonna della neve: congedo. A casa? Ero in cerca di qualcosa.
Don Anselmo, quasi ispirato, ha chiamato un padre comboniano a visitare il nostro gruppo-giovani. Ha veramente entusiasmato tutti, me compreso. Anzi, a me qualcosa di più, al punto che in dicembre, d’accordo con mons. Calciolari e don Anselmo, avvenne il discernimento, e fu durante la novena dell’Immacolata. Stavo partecipando tutte le sere alla celebrazione in Cattedrale ad Asola, faceva molto freddo. La sera del 7 rientrando in casa m’è sembrato che Maria mi dicesse VA’! Al mattino, ben presto, ancora di fianco al letto, ho scritto la mia domanda per essere accettato nella Congregazione Comboniana. Mi accompagnò, in gennaio, mons. Calciolari e anche lui si trattenne tre giorni nel noviziato. Ringrazierò sempre il Signore per essere partito e per essere rimasto legato sempre più alla mia Comunità e alla mia Diocesi, attraverso il Centro Missionario e l’amicizia di vari sacerdoti con i quali ci siamo poi ritrovati anche in Brasile con la nostra missione diocesana in São Mateus – Maranhão.
Dal gennaio del 1951 la finalità prima ed ultima: cercare di “vedere Gesù”, ma al plurale “vogliamo vedere Gesù”, ma sempre più. Restai in Italia fino a metà 1968, il più nel veronese e a Thiene (VI). Ma con tempi ben pieni, visitando varie parrocchie per aiutare in varie maniere. Aiutai anche diversi confratelli a partire, sognando, pregando, chiedendo che arrivasse il mio giorno. E a metà del ’68: il Brasile. Sarà assieme ad un vescovo per una nuova diocesi: tutto nuovo. Sono più di 500 comunità, c’è tanto interesse, entusiasmo, disponibilità, fame della Parola, desiderio di apprendere e di manifestare. Novità per noi fratelli: avrò subito la mia comunità, tutta mia, che nei tempi forti parteciperà tra le più numerose. Dopo dieci anni sarò chiamato a collaborare in Seminario, un angolo di cielo, le comunità comboniane e le comunità attorno che con amore servivamo. Ma poi mi viene proposto un altro servizio assieme ad un padre confratello, al Sud del Brasile, in un’archidiocesi con altre cinque diocesi disponibili per un lavoro di animazione, specialmente fra i giovani. E se faccio brutta figura, mi chiedo? Ci rimette Gesù, ma anche i pastori dopo aver visto Gesù sono corsi a manifestarlo.
Nel 1983, ritornando in Brasile dopo una breve pausa, un confratello chiede un compagno poiché è solo, come comboniano, in un’attività itinerante nella ricerca di Indios minacciati da fazendeiros che volevano annientarli. Mi offro. Trovo difficoltà ad essere liberato per questa missione che si rivelerà… meravigliosa! Zaino sulle spalle in cerca della gente più bella del mondo. Mai è passato un giorno senza pensare a quel figlio prodigo e all’attesa del Padre per l’amoroso abbraccio. Resterò sempre con gli Indios, pur spostandomi con loro o per loro. Non mancarono difficoltà, e qui entra il politico, l’economico, il culturale e le strutture interne ed esterne. Sono le pecore, cadute, escluse, forse viste come il figlio prodigo che conviveva coi porci? Posso dire che l’amore, quando c’è Gesù, vede diversamente. O convivenze da sogno, fatiche disumane che danno il senso del vivere, o pericoli di vita dove sempre Lui salva. Potrei scrivere molto, molto, ma sempre poco. Gesù salva. Certo viviamo noi, io, come i due Figli del Padre: ora caduto, ora orgoglioso, ma crescendo sempre più e Lui è il Padre che, a braccia aperte, attende. È la scuola della Missione. Anche noi dobbiamo passare dalla parte della Misericordia. Sentirci perdonati per perdonare; accogliere, cercare, fare nostre le colpe dell’altro. Abbracciare anche quando l’altro si ritrae. Missione è Amore, è amare! Nella Missione si fa sempre più presente il caduto, la vittima di una società di scarto, fratelli usati e abusati. Quasi la figura del Padre buono e misericordioso prende l’abito del Buon Samaritano. È la ricerca del Gesù sfigurato e viene da implorare: Gesù mostrami il Tuo volto… e Gesù si rivela.
Che mi ha distratto, sì distratto si può dire, è stato a Gerusalemme un incontro su Maria nella sua visita; correva all’incontro della cugina Elisabetta: abbraccio, mai dimenticato. Ogni volta che entravo in una Riserva: cosa potevo dire? L’abbraccio è tutto quello che non si può dire, ma si trasmette. Ti amo perché Gesù è con noi. Tutto questo non ha impoverito la forza della Parola: il Padre accogliente, buono, misericordioso mi è sembrato subito unito alla tenerezza materna. Lo Spirito Santo che ci aiuta a mettere insieme tutti i nostri pensieri e le nostre azioni facendoci un tutt’uno per vedere insieme Gesù.
Sono partito dalla parrocchia in comunione. Comunione che ho sempre mantenuta e arricchita con la parrocchia, con vari sacerdoti e gruppi. Amici, benefattori, Centro Missionario e Vescovo, sempre. La forza e il successo della missione è sempre stata tutta forza della Base alla quale devo tutto.
Da poco più di un anno sono in Italia, a Limone. Si può dire per noi un luogo santo, inquietante, dove tutto ci invita a rivedere, rivivere e ringraziare. Il discernimento del ritorno è stato di sangue, diverso da come mi ero proposto. “Questa è la mia allegria, e Lui è completo. È necessario che Lui cresca ed io diminuisca” cf. Gv. 3, 29-30
Sarà questa mia una filastrocca? Non ho parole ma i miei sentimenti, posso dire incessantemente, sono di gratitudine. A Dio Signore nostro, a tanti, tanti, tanti amici in un’area immensa, qui e in mille posti. Tante persone veramente sante e profetiche che mi hanno aiutato a guardare avanti, arrischiando e donando con generosità la vita.
L’abbraccio più forte a Maria, sempre presente nella mia vita, Lei mi ha insegnato ad abbracciare per sentire e trasmettere. E quel Gesù Cristo cercato sempre per vivere e trasmettere. Con voi tutti, mia famiglia diocesana, grido: “Vogliamo vedere Gesù!”
Fr. Antonio Marchi
Limone, 02.01.2015