Missionari mantovani

Pegoraro Giancarlo

Castel Goffredo, 09.10.1960 – Nuova Mambone (Mozambico), 31.01.2015

Missioni Consolata

“La bellezza dell’entusiasmo e dell’umiltà”

Giancarlo nacque in una famiglia composta da mamma Pasqua, papà Bruno e altri 6 fratelli. Giovane buono e attivo nella sua comunità e nel variegato mondo del volontariato castellano, oltre che scout e musicista della locale banda cittadina, a circa 35 anni decise di inserirsi nel mondo dei Missionari laici della Consolata.
Arrivò a Casa Milaico, struttura gestita dai Missionari della consolata presso Nervesa della Battaglia (Treviso), nell’aprile del 1998 per formarsi e prepararsi a partire per l’Africa o il Sudamerica, come missionario laico. Uomo di opinioni forti e dalla voce potente, non passava inosservato. Con sé portò una ventata di entusiasmo e voglia di impegnarsi. Aveva fatto tanti mestieri: camionista, elettricista, meccanico d’auto, muratore, operaio di calzificio. S’intendeva di motori aeronautici e gli piaceva fare il pasticcere. 
Nella primavera del 1999, finalmente si concretizza la partenza per una missione in Mozambico, nell’Africa meridionale. Dopo qualche mese in Portogallo, per perfezionare la lingua portoghese, Giancarlo prese l’aereo per Maputo, la capitale; arrivato a Macanhelas (nella regione del Niassa, Mozambico settentrionale), venne nominato responsabile tecnico: si sarebbe occupato dei mille lavori che una missione comporta e anche della formazione professionale di manovali e operai specializzati. Il suo campo d’azione divenne l’officina, che provvedeva alla manutenzione degli autoveicoli e dei mulini. Un discorso a parte furono i diversi progetti per costruire scuole, centri di catechesi, cappelle e ambulatori sparsi un po’ per tutta la missione.
Nelle sue peregrinazioni, Giancarlo non passava inosservato. La gente lo vedeva transitare, carico di un enorme zaino pieno di utensili e ricambi, di buon mattino con il suo “passo da alpino” (era, in effetti, un appassionato di montagna) diretto al fuoristrada o all’autobus e commentava: “Che grinta, sembra un soldato, chissà come è forte”. 

Un’altra meta dei suoi viaggi era il Malawi, dove si recava a caccia di parti di ricambio decenti. Approfittava di questi viaggi per dare uno strappo ai malati della parrocchia che avevano bisogno di cure specialistiche per cataratte agli occhi, ernie, varie forme tumorali. Quando invece andava nella città di Nampula, in Mozambico, ad oltre 40 Km dalla parrocchia, se poteva, caricava malati di mente, diretti al locale ospedale psichiatrico. Giancarlo infatti non si occupava solo di risolvere guasti tecnici o di dirigere lavori edili, si preoccupava dei più deboli, tra cui appunto i malati, e gli stavano molto a cuore anche i bambini del Centro Nutrizionale con cui trascorreva i momenti della sera o della domenica. I bambini erano molto contenti di averlo con loro, avevano bisogno di un punto di riferimento maschile, essendo le educatrici tutte donne. Giancarlo si occupò inoltre della formazione professionale dell’equipe di meccanici, falegnami, muratori e manovali (circa 70 lavoratori) con cui collaborava. Con il tempo, l’equipe tecnica di Mecanhelas imparò a dialogare con Giancarlo (anche familiarizzando con espressioni in dialetto mantovano che lui tanto amava) e ad apprezzarne la professionalità.
Rientrato da Mecanhelas nell’aprile del 2002, Giancarlo rimase per un anno come animatore missionario e factotum a casa Milaico, poi rispose al nuovo richiamo della missione e, nel 2003, rientrò in Mozambico dove riprese a lavorare come meccanico, idraulico, muratore, falegname, camionista nelle missioni del Nord e del Centro e ovunque lo chiamassero per riparare auto, installare generatori, scavare pozzi. La sua ultima missione è stata Nuova Nambone, dove sovrintendeva alle saline, importante fonte di reddito della locale missione. 
Missionario senza secondi fini o ipocrisie, Giancarlo diceva chiaramente quello che pensava e dedicava ogni sua energia al lavoro di manutenzione e direzione tecnica e nel suo servizio di evangelizzazione. Prendeva molto a cuore ogni suo impegno e soffriva quando temeva di non riuscire a risolvere qualche problema, ma la sua perseveranza faceva sì che succedesse di rado. Nella sua stanza si potevano trovare la Bibbia, come anche utensili e parti di ricambio, sistemati sotto il suo letto giacché la sera o il mattino presto non erano per lui necessariamente tempi di riposo. 
Ci teneva a rimanere in contatto con i missionari laici della Consolata, soprattutto in Portogallo e partecipava volentieri alle assemblee che venivano organizzate. Il rientro in Italia di Giancarlo era un momento che i suoi amici del gruppo missionario attendevano con gioia e simpatia. Non rifiutava mai di offrire la sua testimonianza ai ragazzi più giovani; parlava di quello che faceva come se offrirsi completamente agli altri fosse la cosa più naturale. Spesso lo si vedeva attraversare le strade del paese con la bici e l’inseparabile cuffia, con il suo immancabile sorriso e il braccio alzato per salutare. 
La sua salute non era delle migliori, ma non era uno che si lamentava e ne parlava con allegria. Il 31 gennaio 2015 la malattia ha vinto, ma solo sul suo corpo. Giancarlo continua a vivere nel ricordo della gente delle missioni in cui ha servito, tra coloro che ha formato come specialisti e quelli con cui ha condiviso gioie, dolori della vita.