Castel Goffredo, 31.08.1915 – Lacor (Uganda), 03.11.1992
Missionario Comboniano
Era il quarto di cinque figli, due maschi e tre femmine. Suo papà morì poco prima che nascesse l’ultima sorellina, a causa dei patimenti fisici subiti al fronte durante la guerra. Mamma Adelaide Ferrari si strinse attorno i piccoli orfani e indicando il quadro della Madonna disse: “Lei ci aiuterà a farcela”.
Sentì la chiamata alla vita religiosa fin dalla prima giovinezza e già nell’ottobre del 1930 si trovò nel seminario di Mantova con l’amico Pietro Chilesi, originario della frazione di Barchi di Asola. L’incontro con i missionari che di tanto in tanto passavano per il seminario e la lettura di libri e riviste missionarie fecero un po’ alla volta maturare in Santo l’idea di diventare missionario, e quando manifestò il suo desiderio all’amico Pietro, questi rispose che lo avrebbe seguito. Ma il Signore aveva disposto diversamente: Santo sarebbe partito e Pietro sarebbe diventato “missionario di retrovia” e avrebbe sostenuto l’opera del compagno in una maniera che ha lasciato un segno indelebile tra i sacerdoti e la popolazione della Diocesi di Mantova.
Il 7 ottobre 1939 emise la Professione Temporanea a Venegono. Per gli studi teologici fu inviato a Roma dove prese la licenza in Teologia dogmatica. Dopo l’ordinazione sacerdotale, che ebbe luogo a Roma il 4 aprile 1942 in piena guerra, iniziò la sua lunga carriera di insegnante, sia in Italia che in Inghilterra.
Nel 1950 fu colpito da una grave forma di flebite e questo ritardò di qualche anno la sua partenza per le terre di missione. Finalmente, nel 1957, poté partire, dopo aver imparato la lingua acioli, per il seminario di Lacor in Uganda, come insegnante, e lì rimase fino al 1962.
A Gulu fu formatore di sacerdoti africani. Il provinciale testimoniò: “È fedele collaboratore, sincero e rispettoso. Sa fare buone osservazioni in cui rivela molto buon senso pratico e insieme grande amore per l’Istituto.” I suoi studenti, diventati sacerdoti, trovarono sempre in padre Pizzocolo una guida sicura, un consigliere, un amico, un direttore spirituale capace di aiutarli con discrezione e tanto amore.
Rientrato in Italia per le vacanze nel 1962 si vide affidare l’incarico di direttore spirituale degli scolastici di Venegono fino al 1965.
Nel 1966 era di nuovo a Lacor-Amuru come parroco. Nel 1970 i superiori lo chiamarono di nuovo in seminario come insegnante, rettore e direttore spirituale. Come parroco e missionario padre Pizzocolo seppe farsi tutto a tutti; alcuni suoi viaggi apostolici nei villaggi del bosco duravano anche più di un mese. Scrive il padre provinciale: “Padre Pizzocolo fu uomo di solidi principi, di costante preghiera, di fede e zelo. Fu piuttosto tradizionalista ma egli poneva tutte le sue certezze e la sua totale confidenza nell’Eucarestia e nella Madonna di cui era devotissimo.”
Un uomo così silenzioso, così discreto e timido che non voleva disturbare nessuno, seppe animare missionariamente buona parte della Diocesi di Mantova. Esempio concreto è la figura dell’amico don Chilesi che, non potendo diventare missionario di prima linea, lo divenne supportandolo costantemente dall’Italia. Parroco di Barchi di Asola, grazie anche all’aiuto della sorella trasformò la sua casa in base logistica per i rifornimenti di padre Santo prima, e poi per padre Giuseppe Valente e padre Antonio Soldà.
Quando incominciò ad avere seri problemi di salute padre Santo venne assegnato come cappellano all’ospedale di Lacor. La sua figura alta e scarna, che si aggirava silenziosa e sorridente tra le corsie dell’ospedale, era ormai diventata simbolo di bontà, anzi, di tenerezza per gli ammalati, parecchi dei quali allo stato terminale a causa dell’AIDS.
Morire per l’Africa, morire in Africa fu il suo sogno, che trovò esaudimento il 3 novembre 1992, proprio nell’ospedale dove tanto aveva lavorato, dopo un ultimo attacco di cuore.