Missionari mantovani

Trivini Bellini Maria Luisa suor Solidea

Castel Goffredo, 15.08.1924 – Alessandria d’Egitto, 01.08.2003

Missionaria Comboniana

“Il rispetto e l’amicizia con il modo musulmano”

Divenuta Suora missionaria Comboniana con il nome di Solidea, dedicò 53 anni della sua vita all’Africa e più precisamente all’Egitto. Persona schiva e modesta, non amava essere al centro delle attenzioni, dei riconoscimenti e degli elogi; era di costituzione minuta e di salute precaria ma aveva una forza morale e una fede immensa. Accettò con umiltà la scelta dei superiori che la vollero presso un ospedale completamente musulmano de Il Cairo, un mese dopo la sua professione avvenuta nel 1950. Ciò non le impedì di prestarsi con entusiasmo alla missione dove era stata chiamata. “Il pensiero di essere Missionaria Comboniana è sempre stato il più facile mezzo per far scomparire qualunque nube che mi si presentasse” scriveva la giovanissima Suor Solidea con il cuore pieno di Gioia, nel 1956, anno in cui si consacrò definitivamente a Dio.
Il suo servizio la portò ad avere con il mondo musulmano rapporti di rispetto e amicizia, nonostante l’ambiente ostile. Infatti molte ragazze egiziane la consideravano come punto di riferimento morale e spirituale, oltre che professionale. Numerosissimi furono gli infermieri avviati alla professione e formati da lei. Nel 1996 scrisse: “Sono l’unica suora rimasta nel padiglione (medicina-ortopedia) e allora si cerca di vivere un po’ di famigliarità con le ragazze, aiutandoci e consigliandoci a vicenda…”.
Quando nel 1996 le suore comboniane lasciarono definitivamente l’ospedale di Agouza, suor Solidea aggiunse: “Lavorare in questa opera per me è sempre stato un gran regalo perché il servizio suppliva in me il non saper parlare tanto con le parole, soprattutto parlare di Gesù, che loro non riescono ancora a riconoscere come figlio di Dio. La nostra presenza di vita ha sempre creato in loro un grande stupore e venerazione perché senza saperlo hanno assimilato i criteri cristiani nei riguardi di chi soffre ed è bisognoso di assistenza ed aiuto…”.
Nel “tempo libero”, con altre consorelle, si recava nella povera periferia de Il Cairo a curare i lebbrosi, cercando così di assistere e dare conforto anche a coloro che non potevano accedere alle strutture sanitarie.
Di lei alcune sorelle Consacrate di altre comunità, scrissero: “Ama questo popolo, difende il personale. Studia la cultura locale per cercare di entrare nella mentalità della gente e si sforza di apprendere meglio la lingua locale. Rispetta la loro religione anche se diversa dalla nostra e incoraggia a fare il bene per amore di Allah” nella certezza che Lui gradisce i loro sforzi. Ama rallegrare le Sorelle preparando per certe occasioni, commedie e farse e per lei si è sempre riservata le parti comiche. È buona d’animo, facile all’amicizia e alle relazioni interpersonali, avendo sempre cura di diffondere pace e serenità.”
Non sentendosi più all’altezza del compito affidatole, dopo 45 anni di servizio al prossimo, chiese di essere trasferita in una scuola di ragazze musulmane, dove continuò ad elargire le proprie competenze con quella dolcezza e sensibilità che la distinguevano. A Castel Goffredo la conoscevano in molti anche se dal paese mancava da tanto, e molte erano le relazioni che intratteneva, parecchie di queste tenute vive anche dall’Egitto.
Attenta anche agli eventi socio politici, oltre che religiosi, chiedeva informazioni sulla situazione italiana e teneva aggiornate le persone che conosceva sulle vicende travagliate del popolo egiziano a lei tanto caro.
Questo amore per l’Africa era talmente forte che, pur in condizione di salute precarie, nel gennaio 2020, dopo una eccezionale permanenza in Italia per curarsi, suor Solidea scelse di rientrare in Egitto, alla sua scuola. Purtroppo il fisico debilitato la costrinse a chiedere il suo ritiro in una casa comboniana nei pressi di Alessandria d’Egitto, a Bacos, dove lasciò questa vita il 30 giugno del 2003.
Il desiderio di rimanere tra i suoi africani si era così esaudito, come esaudito è stato il desiderio di essere seppellita nella loro terra, divenuta anche sua.

Da “Storie di vita di missionari castellani”  Castel Goffredo - 2 giugno 2015 - Consegna dell’Erasmo d’oro